Questo blog è stato realizzato da Salvatore Tamburro allo scopo di esporre la sua tesi di laurea in Economia e Commercio, dal titolo:  "La  Banca d'Italia, il Signoraggio e il Nuovo Ordine Mondiale".  "Essenzialmente, l'attuale creazione di denaro ex nihilo operata dal sistema bancario e' identica alla creazione di moneta da parte di falsari. In concreto, i risultati sono gli stessi. La sola differenza e' che sono diversi coloro che ne traggono profitto" (M. Allais, premio Nobel per l'Economia 1988)

29/07/07

TESI - Il Signoraggio (CAP.2)

IL SIGNORAGGIO

1.LA NASCITA DEL SIGNORAGGIO

Il Signoraggio è un termine che deriva dal francese "seigneur", che in italiano significa "signore". Nel Medio Evo infatti erano i signori feudali i titolari del diritto di battere moneta e i beneficiari del guadagno che ne derivava. Oggi gli economisti intendono per signoraggio, i redditi che la banca centrale e lo stato ottengono grazie alla possibilità di ricreare base monetaria in condizioni di monopolio.

Nell'antichità, quando la base monetaria consisteva di monete in metallo prezioso, chiunque disponesse di metallo prezioso poteva portarlo presso la zecca di stato, dove veniva trasformato in monete con l'effigie del sovrano. I diritti spettanti alla zecca e al sovrano erano esatti trattenendo una parte del metallo prezioso. Il signoraggio in tale contesto è dunque l'imposta sulla coniazione, noto anche come diritto di zecca. Il valore nominale della moneta e il valore intrinseco delle monete non coincidevano, a causa del signoraggio e dei costi di produzione delle monete.

L'imposta sulla coniazione poi serviva a finanziare la spesa pubblica. Nel caso in cui lo stato possedesse miniere di metallo prezioso, il signoraggio coincideva con la differenza tra il valore nominale delle monete coniate e i costi per estrarre il metallo prezioso e coniare le monete. Già con i romani, da Settimio Severo[1] si può parlare di signoraggio: questo imperatore dimezzò la quantità di metallo prezioso contenuto nelle monete, mentre lasciò invariato il valore nominale.

Ma le vere origini del signoraggio risalgono al 27 luglio 1694, quando il massone e banchiere londinese William Paterson fonda con alcuni fratelli la prima banca centrale al mondo: la Old Lady of Threadneedle Street, meglio conosciuta come Banca d'Inghilterra.

Non si tratta della prima banca in assoluto, perché già nel 1163 a Venezia esisteva un Monte fruttifero privato creato per favorire il commercio, per non parlare del Banco (o Casa) di San Giorgio del 1407 a Genova, vera e prima banca pubblica d'Europa.

La Banca d'Inghilterra è invece la prima Banca Centrale al mondo; la prima che stampò 1.200.000 sterline («notes of bank»), corrispondenti al debito di 700.000 sterline-oro che il Re Gu­glielmo d'Orange aveva contratto proprio con essa. In pratica ha iniziato l'attività comprando il debito della Corona.

Proprio inerente alla Banca d’Inghilterra possiamo citare un passo di un famoso critico dell’economia politica, Karl Marx, che nel 1885 scriveva, nella sua opera Il Capitale[2] , a proposito di questa banca centrale:

Fin dalla nascita le grandi banche agghindate di denominazioni nazionali non sono state che società di speculatori privati che si affiancavano ai governi e, grazie ai privilegi ottenuti, erano in grado di anticipar loro denaro. Quindi l’accumularsi del debito pubblico non ha misura più infallibile del progressivo salire delle azioni di queste banche, il cui pieno sviluppo risale alla fondazione della Banca d’Inghilterra (1694). La Banca d’Inghilterra cominciò col prestare il suo denaro al governo all’otto per cento; contemporaneamente era autorizzata dal parlamento a batter moneta con lo stesso capitale, tornando a prestarlo un’altra volta al pubblico in forma di banconote. Con queste banconote essa poteva scontare cambiali, concedere anticipi su merci e acquistare metalli nobili. Non ci volle molto tempo perché questa moneta di credito fabbricata dalla Banca d’Inghilterra stessa diventasse la moneta con cui la Banca faceva prestiti allo Stato e pagava per conto dello Stato gli interessi del debito pubblico. Non bastava però che la Banca desse con una mano per aver restituito di più con l’altra, ma, proprio mentre riceveva, rimaneva creditrice perpetua della nazione fino all’ultimo centesimo che aveva dato . A poco a poco essa divenne inevitabilmente il serbatoio dei tesori metallici del paese e il centro di gravitazione di tutto il credito commerciale. In Inghilterra, proprio mentre si smetteva di bruciare le streghe, si cominciò a impiccare i falsificatori di banconote. Gli scritti di quell’epoca, per esempio quelli del Bolingbroke, dimostrano che effetto facesse sui contemporanei l’improvviso emergere di quella genìa di bancocrati, finanzieri, rentiers, mediatori, agenti di cambio e lupi di Borsa. “

La banca di Paterson si trovava quindi, oltre ad essere proprietaria di un capitale sul quale percepiva gli interessi, a disporre di una massa monetaria fittizia non corrispondente a nessuna ricchezza reale, con la quale può intraprendere fruttuose operazioni finanziarie o concedere prestiti sui quali percepire altri interessi.

Per il governo inglese, che rinuncia a battere cartamoneta in proprio, comincia così la lunga e mai terminata sequela di interessi da versare alla banca, e per l'economia inglese è consentita la circolazione di denaro inventato, col quale illegittimamente si promuovono speculazioni finanziarie. L'esempio inglese, nei secoli successivi, è seguito da tutti i governi del mondo, fino alla situazione attuale, in cui nessun popolo è proprietario della moneta che utilizza, e dove tutti sono debitori delle banche private che battono moneta. Le banche, nel momento stesso della loro nascita, iniziano a creare moneta fittizia culminante con l'immensa massa di denaro virtuale oggi circolante nel mondo, dando vita a una colossale truffa ai danni dei popoli.

Emblematica è anche una frase detta nel 1773 da Amschel Mayer Rothschild, massimo finanziere tedesco, il quale dichiarava la nostra politica è quella di fomentare le guerre, ma dirigendo Conferenze di Pace, in modo che nessuna delle parti in conflitto possa avere benefici. Le guerre devono essere dirette in modo tale che entrambi gli schieramenti, sprofondino sempre più nel loro debito e quindi, sempre di più sotto il nostro potere”.

Ancora è possibile citare Maurice Allais, Premio Nobel per l’economia nel 1988 per i suoi contributi determinanti per la teoria dei mercati e l'utilizzo efficiente delle risorse, che disse: “l'attuale creazione di denaro operata ex nihilo dal sistema bancario è identica alla creazione di moneta da parte di falsari. In concreto, i risultati sono gli stessi. La sola differenza è che sono diversi coloro che ne traggono profitto" [3].

2.IL SIGNORAGGIO OGGI

Storicamente, abbiamo visto che il "signoraggio" era il termine col quale si indicava il compenso richiesto dagli antichi sovrani per garantire, attraverso la propria effigie impressa sulle monete, la purezza e il peso dell'oro e dell'argento. Ogni cittadino poteva infatti portare alla Zecca metallo prezioso per farlo trasformare in denaro e il sovrano tratteneva, come signoraggio, una percentuale del metallo.

Ciò che viene oggi indicato come "reddito monetario" in effetti non è altro se non l'antico signoraggio. Se dunque un ente statale si prendesse la briga di stampare moneta, diffonderla, controllare l'operato degli Istituti bancari, certamente sarebbe legittimo istituire una tassa per coprire le spese necessarie al buon funzionamento di quell'ente. Ma la dimensione del moderno signoraggio va ben al di là di una semplice tassa. Il reddito monetario di una banca di emissione è dato infatti dalla differenza tra la somma degli interessi percepiti sulla cartamoneta emessa e prestata allo Stato e alle banche minori e il costo infinitesimale di carta, inchiostro e stampa, sostenuto per la produzione del denaro.

Esempio in “soldoni” del signoraggio[4]:

Lo Stato prende in prestito una banconota da €100 euro dalla Banca Centrale e la «paga» con una «obbligazione» da €100. A fine anno dovrà «drenare» dalla popolazione quei €100 per restituirli al legittimo proprietario (che è il Banchiere Internazionale), più gli interessi, diciamo un 2,5%. La Banca Centrale ha stampato quella banconota spendendo (tutto compreso) 30 centesimi di euro (quindi era solo un pezzo di carta, una merce come un altra, come un biglietto del cinema) mentre la banconota da €100 (+2,5%), che lo Stato restituisce alla Banca Centrale, l'ha tolta a noi ed essa è frutto del nostro lavoro, delle nostre fatiche, del nostro sudore, insomma è pregna di valore e impegno umano! La Banca Centrale è una tipografia e si comporta come se fosse la padrona della banconota!

Ergo: il signoraggio su una singola banconota è di €102,5 - €0,30 = €102,2

3.SOVRANITA’ MONETARIA

Dall’epoca della Rivoluzione americana e francese è principio fermo in ogni democrazia e comune convinzione che la "sovranità" non appartiene al monarca ma esclusivamente al popolo. Così è in tutte le democrazie liberali dell’occidente. L’Italia non fa eccezione infatti l’art.1 della nostra Costituzione stabilisce: "La sovranità appartiene al popolo il quale la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione". Per sovranità popolare si intende il potere politico nella sua radice primigenia, da cui traggono legittimazione il potere legislativo (il Parlamento), quello esecutivo (il Governo) e quello giudiziario (la Magistratura).

Derivazione diretta della sovranità popolare è la sovranità monetaria che determina il potere di chi detiene il controllo del credito e della moneta.

La moneta dovrebbe nascere di proprietà del cittadino, perché è lui che, accettandola, ne crea il valore. Purtroppo nella realtà non è così, perché il popolo, e quindi lo Stato, non detiene il potere di emettere moneta; potere che è stato delegato ad “altri”.

Nel momento in cui la moneta viene messa in circolazione dalla Banca centrale, sarebbe necessario che essa diventasse di proprietà di tutti i cittadini, i quali hanno contribuito in un modo o nell'altro alla crescita dell'economia reale.

E’ il popolo che produce, consuma, lavora, fa girare l’economia. Tutte queste attività ed altre ancora sono alla base della vita economica del paese e perciò sembra logico che i benefici derivati dalla messa in circolazione della moneta non debbano essere un'esclusiva di pochi banchieri bensì vadano distribuiti a tutti quei soggetti che concorrono nella vita economica del paese.

Come spiega il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte d’Appello dell’Aquila Bruno Tarquini in un suo libro[5], il popolo ha perso la sovranità monetaria. Contrariamente a quanto accade nel rapporto tra Stato e cittadini con l'emissione dei titoli fruttiferi, in quello che viene a stabilirsi tra Stato e la Banca Centrale, con l'emissione della moneta bancaria (banconota), si coglie in tutta la sua drammaticità la rinuncia da parte dello Stato alla sovranità monetaria ed al conseguente esercizio del potere di "battere moneta"; si avverte sopratutto la stranezza di una situazione che poteva trovare una valida giustificazione in altri tempi, quando la moneta aveva un proprio valore intrinseco perché costituita da pezzi coniati in metalli pregiati, o quando essa, pur rappresentata da simboli cartacei, aveva tuttavia una copertura nelle riserve auree o argentee delle banche: allora era frequente che il re o il principe (cioè lo Stato), non avendo a propria disposizione risorse finanziarie (metallo pregiato) per sostenere, ad esempio, le spese di una guerra, ricorresse ai banchieri per ottenere i necessari prestiti.

Ma nell'attuale momento storico, in cui la moneta è costituita soltanto da supporto cartaceo, privo di qualunque copertura aurea o valutaria[6], non si comprende la ragione per la quale lo Stato debba richiedere ad un apposito istituto bancario privato il mutuo, sempre oneroso, di banconote create dal nulla e prive quindi di ogni valore intrinseco, trasferendogli in tal modo, con la sovranità monetaria, non solo il potere di emettere moneta, ma anche il governo di tutta la politica monetaria, attraverso il quale, come si è già esposto, non può non influire in maniera assolutamente determinante su tutta la politica economico-sociale del governo nato dalla volontà popolare.

Peraltro è bene sapere che lo Stato, oggi, per mezzo dei propri stabilimenti della Zecca, provvede alla creazione ed alla messa in circolazione di tutta la monetazione metallica, del cui ammontare (anche se di modestissimo valore rispetto a tutto il circolante cartaceo di banconote) esso non è debitore di nessuno, tanto meno della privata Banca d'Italia. Così come, fino a pochi anni fa, provvedeva, nello stesso modo, alla creazione ed alla messa in circolazione di carta moneta di cinquecento lire e, prima ancora, anche di mille lire (figura 2) ,

Figura n.2 - banconota da 500 lire stampata dallo Stato[7]

neanche in relazione delle quali ovviamente sorgeva in capo allo Stato alcuna obbligazione di restituzione né di pagamento di interessi, poiché di esse lo stesso Stato non si indebitava, provvedendo direttamente alla loro creazione ed alla loro immissione in circolazione.

4.VALORE INDOTTO DELLA MONETA

Il Professore Giacinto Auriti[8] ha effettuato molti studi sul signoraggio, proponendo un rilevante esperimento sulla moneta complementare e ha elaborato un'originale e discussa teoria riguardante la moneta.

Questa teoria si esprime col concetto di valore indotto della moneta.

Secondo Auriti la moneta è una fattispecie giuridica. Due sono state infatti le definizioni date della moneta: valore creditizio e valore convenzionale. Poiché convenzione e credito sono fattispecie giuridiche, non v'ha dubbio che la moneta costituisca oggetto della scienza del diritto.

L'ostacolo di fronte al quale tutti i monetaristi si sono trovati basa sull'errore iniziale di non aver definito la moneta come fattispecie giuridica e lo stesso diritto come strumento o bene esso stesso: come espressione cioè di un valore proprio diverso da quello del bene oggetto del diritto.

Su questo equivoco iniziale si è preteso di giustificare il valore monetario sulla base della riserva d'oro, confondendo e spacciando sotto la parvenza di valore creditizio il valore indotto, ossia configurando la moneta come titolo di credito rappresentativo dell’oro.

Secondo Auriti questa tesi è clamorosamente errata perché basata su una concezione materialistica del valore. Quando si parla dell'oro si concepisce il cosiddetto valore intrinseco come una proprietà del metallo. Anche l'oro ha valore non perché sia tale, bensì perché ci si è messi d'accordo che lo abbia.

In breve anche il valore intrinseco altro non è che valore indotto.

Siccome questo metallo è stato considerato tradizionalmente come simbolo monetario, per consuetudine gli è stato attribuito il valore indotto. Ciò significa che anche l'oro ha valore per il .semplice fatto che ci si è messi d'accordo che lo abbia. Poiché la convenzione è una fattispecie giuridica ed ogni unità di misura è convenzionalmente stabilita, la materia prima per creare moneta è esattamente la medesima che serve per creare fattispecie giuridiche, e cioè spazio e tempo; tempo è la previsione normativa, ovvero il giudizio di valore corrispondente alla titolarità del diritto e spazio è la materia con cui si manifesta (la cosiddetta forma del diritto). Questo elemento materiale può essere l'oro o qualsiasi altro simbolo di costo nullo, come carta ed inchiostro.

Da ciò si evince che il valore della merce utilizzata come simbolo monetario è del tutto irrilevante.

Per comprendere le differenze fondamentali tra moneta e credito basta muovere dalle seguenti considerazioni:

1) il credito si estingue col pagamento, la moneta continua a circolare dopo

ogni transazione, perché, come ogni unità di misura è un bene ad utilità ripetuta;

2) nel credito, come in ogni fattispecie giuridica, prima si vuole il precetto normativo e poi lo si manifesta; nella moneta, prima si crea la manifestazione formale, cioè i simboli monetari e poi le si attribuisce il valore all'atto dell'emissione. Chi crea il valore della moneta non è infatti chi la emette, ma chi l'accetta. Come nell'induzione fisica nasce l'energia elettrica con la rotazione degli elettrodi, cosi nell'induzione giuridica nasce il valore monetario all'atto dell'emissione cioè quando inizia la fase dinamica della circolazione della moneta;

3) il valore del credito è causato dalla promessa del debitore, come avviene nella cambiale in cui l'emittente è il debitore. Il valore della moneta è causato dall’accettazione del primo prenditore perché egli sa, come membro della collettività nazionale, che gli sarà accettata da tutti i partecipi della convenzione monetaria, cioè dalla collettività che crea appunto per questo il valore indotto della moneta;

4) il valore del credito è sottoposto al rischio dell'inadempimento. il valore monetario è attuale e certo perché per l'induzione giuridica la moneta, pur essendo un ben immateriale, è un bene reale oggetto di diritto di proprietà. Poiché il valore del titolo di credito è causato dalla promessa del debitore, sottoscrivendo il simbolo monetario sotto la parvenza di una falsa cambiale, il Governatore della Banca Centrale induce la collettività nel falso convincimento che sia lui stesso a creare il valore monetario.

Pertanto il prof. Auriti arriva alla denuncia secondo la quale la Banca Centrale non solo espropria ed indebita la collettività nazionale del suo denaro, ma acquisendo la sovranità monetaria va ad usurpare anche la stessa sovranità politica.


5.TIPOLOGIE DI SIGNORAGGIO

Abbiamo definito il signoraggio come la differenza tra il valore nominale della moneta ed il suo costo di produzione. Esso è un profitto di cui si appropria chi ha il potere di emettere una data moneta. Tale profitto esiste per ogni forma di moneta oggigiorno utilizzata: metallica, cartacea e scritturale.

Il signoraggio sulla moneta metallica è solitamente per legge attribuito allo Stato. Quello sulla moneta cartacea è per legge attribuito alla Banca Centrale (solitamente privata). Quello sulla moneta scritturale è invece (seppur senza riferimento legislativo) attribuito al sistema bancario nel suo complesso (Banca Centrale compresa, dato che anch'essa può creare denaro dal nulla prestandolo senza l'emissione di banconote).

Il signoraggio sulla moneta metallica è costituito dal valore facciale (nominale) totale di tutte le monete metalliche coniate da un determinato Stato in una determinata valuta, al netto del costo di produzione delle stesse.

Il signoraggio sulla moneta cartacea è costituito dal valore facciale totale di tutte le banconote emesse da una Banca Centrale in una determinata valuta, al netto del costo di produzione delle stesse.

Il signoraggio sulla moneta scritturale è costituito dal valore nominale (facciale in questo caso non è corretto, non essendo questa moneta fisica) di tutta la moneta prestata dal sistema bancario (credito) sotto forma di deposito (per lo più conto corrente (c/c)), al netto del costo di produzione della stessa (che è nullo: una semplice digitazione su un computer o scrittura su un foglio di carta di cifre numeriche).

Mentre il signoraggio sulla moneta fisica (cartacea e metallica) è solitamente ben identificato, quello sulla moneta scritturale risulta spesso non compreso a causa della non automatica identificazione di quest'ultima come moneta vera e propria: ciò che non è sensorialmente percepibile è di più difficile comprensione. Tale confusione è accentuata ancor più dall'esistenza della Contabilità e del Bilancio: in quanto costituiti della stessa sostanza (cifre numeriche su pc o su carta), si tende a fare confusione tra la moneta scritturale (deposito) ed una generica computazione di cifre monetarie (Contabilità e Bilancio). La prima è moneta, la seconda un semplice conteggio della stessa moneta. Il conto corrente, in altre parole, non è Contabilità, come viene solitamente definito, bensì vera e propria moneta non fisica che gode del suo signoraggio, come ogni moneta il cui valore nominale è superiore a quello intrinseco (nullo in questo caso).

6. LA RISERVA FRAZIONARIA

Come spiega il Nobel per l’economia Paul Samuelson nel suo testo Economia[9] a fronte di un nuovo deposito, la banca può concedere un prestito aggiuntivo per un ammontare massimo pari al nuovo deposito meno la somma trattenuta sotto forma di riserva a qualsiasi titolo.

La riserva frazionaria è la percentuale dei depositi bancari che per legge la banca è tenuta a detenere sotto forma di contanti o di attività facilmente liquidabili.

Se la percentuale di riserva è pari al 2%, a fronte di 100 euro di nuovi depositi la banca deve tenere 2 euro in attività liquide o facilmente liquidabili, mentre può impiegare (ovvero prestare) i restanti 98 euro.

Secondo Gianfranco Venturi sarebbe l’errata definizione della moneta come unità di conto ( e non come bene reale) che ha generato nella mente umana la possibilità della moneta come “essenza immaginaria”, come bene che non ha bisogno di essere scambiato realmente per svolgere la sua funzione.

In base a questo concetto di moneta (come essenza immaginaria) il sistema bancario, tramite la riserva frazionaria, ha creato la moneta virtuale (creata dal nulla e non garantita da alcuna riserva di moneta reale) che rappresenta, insieme al Signoraggio, una colossale truffa ai danni del Popolo.

La riserva frazionaria è la percentuale dei depositi bancari che per legge la banca è tenuta a detenere sotto forma di contanti o di attività facilmente liquidabili.

Oggigiorno, tale coefficiente di riserva si basa su alcune passività della banca, in particolare depositi e titoli: un coefficiente di riserva del 2% per depositi e titoli con scadenza o rimborsabili fino a due anni; un coeff. di riserva del 0% per depositi e titoli con scadenza o rimborsabili oltre i due anni.

Inoltre, anche nel sistema SEBC vale ciò che in Italia esisteva già dal 1990, ossia la mobilizzazione della riserva: l'obbligo di riserva richiede che la banca mantenga una riserva media giornaliera, calcolata nell'arco di un mese, almeno pari all'ammontare di riserva dovuto. È dunque possibile, con la mobilizzazione della riserva, movimentare l'intera riserva purché a fine giornata il conto riserva/regolamento (il conto su cui la banca mantiene le proprie riserve presso la Banca Centrale) non presenti saldi negativi.

Ad esempio, ipotizzando una banca con 1000 euro di depositi con scadenza 12 mesi, essa ha l'obbligo di tenerne 20 come riserva (ossia il 2% di 1000) e può prestarne un massimo di 980. Tali 980 euro possono poi diventare depositi della stessa o di un'altra banca, ed ipotizzando che rimangano anch'essi depositi con scadenza 12 mesi, 19,6 euro dovranno rimanere in riserva (2%) ed un massimo di 960,4 euro potranno essere prestati, e così via.

Tale meccanismo crea denaro dal nulla in quanto i depositi continuano ad esistere come denaro, anche se in alcuni casi vincolati nell'utilizzo immediato. Da quei 1000 euro di depositi iniziali, il sistema bancario nel suo complesso può prestare quindi, attraverso il passaggio depositi-prestiti-depositi sopra accennato, un massimo di 50.000 euro (una semplice serie geometrica: 1.000x(1+0,98+0,98*2+0,98*3+...) ).

Se tale calcolo di creazione del denaro dal nulla da parte del sistema bancario è vero in un sistema monetario statico, non lo è però in un sistema monetario dinamico. Infatti quei soldi nella realtà si muovono velocemente nel sistema, e quindi lo stesso medesimo denaro può in poco tempo, divenendo deposito di diversi depositanti o di diverse banche, permettere la creazione di denaro non solo una volta, ma molte volte. Potenzialmente, infinite volte. Ciò significa che la creazione di denaro reale non è solo di 50 volte, ma è ben superiore. E tanto maggiore è la velocità di circolazione della moneta, tanto maggiore sarà la moneta creata.

La creazione di moneta nel sistema monetario odierno basato su riserva frazionale, quindi, non ha sostanzialmente alcun limite, a differenza di quanto ufficialmente dichiarato. E la riserva frazionaria quindi, oggigiorno peraltro quasi inesistente, è in realtà uno strumento fittizio di limitazione della creazione di moneta dal nulla (strumento di politica monetaria restrittiva). Ed altrettanto fittizia è la base monetaria (denaro emesso dalla Banca Centrale) come strumento di politica monetaria restrittiva: tolto infatti il denaro iniziale emesso dalla Banca Centrale (una qualsiasi quantità positiva, anche un infinitesimo), per il meccanismo sopra descritto se ne può creare all'infinito attraverso le banche ordinarie.

Tale concetto non è sovente compreso in quanto si tende a ragionare in modo statico, e non dinamico; ed a considerare la creazione di moneta scritturale come la risultante del solo coefficiente di riserva obbligatoria, senza considerare la velocità di circolazione della moneta.

In sostanza, il sistema bancario può produrre a costo zero quantità illimitate di "denaro" dal nulla – denaro con cui sottrae unilateralmente potere d'acquisto al mercato e ai soggetti diversi dalle banche stesse, incontrando in questa produzione

solamente il limite della credibilità del denaro stesso che essa va creando, nel senso che il sistema bancario può immettere solo la quantità di nuovo "denaro" creditizio, che il mercato, nel corso del tempo, può e vuole assorbire. Proprio per questa ragione, affinché la gente e il mercato non perdano fiducia nel denaro bancario, i suddetti meccanismi di moltiplicazione della massa monetaria dal nulla non vengono resi noti, anzi spesso vengono negati.

Viene incoraggiata la convinzione che le banche siano tenute a osservare rigorosi limiti di riserva e che guadagnino onestamente sulla forbice tra tassi attivi e tassi passivi. E che le Banche Centrali sorveglino e garantiscano che l'offerta di credito non sia eccessiva e non causi inflazione, mentre le forti tasse servirebbero (anche) a drenare l'eccesso di denaro circolante.

Quanto sopra comporta anche che l'ammontare della massa monetaria effettiva è incontrollabile, indefinito, perché esso dipende da fattori arbitrari o, più esattamente, potestativi.[10]

7. BANCHE CENTRALI, EURO E TRATTATI

7.1 Pecunia ex nihilo

Antonella Randazzo, insegnante di filosofia, si occupa di Diritti umani da diversi anni. Di recente ha pubblicato un libro[11] critico nei confronti dell’attuale sistema finanziario. L’autrice denuncia in un passo del libro:

Le banche hanno il potere di stampare denaro. Tale potere viene esercitato in segretezza. I mass media utilizzano parole e concetti per nascondere tale realtà. Ad esempio, parlano della Banca Europea come fosse legata all'Europa, e non dicono che essa è un'istituzione controllata da pochi privati. Lo stesso avviene per la Federal Reserve , il cui presidente viene nominato dal presidente americano, per dare ad intendere che si tratta di un'istituzione governativa. E invece essa è nelle mani di un gruppo di banchieri privati. “

Per capire il signoraggio si deve ben capire il concetto della creazione del denaro, come avviene, da cosa è garantito e chi ne trae i vantaggi.

Nel 1970 l’OPEC[12], cioè il cartello dei produttori di petrolio, non solo aumentò il prezzo del greggio, ma pretese il pagamento in oro e non in dollari.

Gli stati che avevano riserve in dollari, cercarono di cambiarli in oro, che si sarebbe dovuto trovare nei forzieri di Fort Knox[13] in USA, ma si scopri che l’oro non era sufficiente e non copriva il valore dei dollari circolanti in tutto il mondo.

Le riserve auree nel mondo (valutate al 1975) non superavano le 200.000 tonnellate, mentre per coprire tutte le monete circolanti ne sarebbero occorse 75.000.000 di tonnellate. Il che vuol dire che ogni moneta aveva una copertura del suo valore pari allo 0,3 % in oro, cioè carta straccia.

Il 15 agosto 1971, il presidente Nixon annuncia a Camp David, con decisione unilaterale, di sospendere la convertibilità del dollaro in oro. Una constatazione di fatto del disastro.

Da allora i paesi continuano a stampare denaro dal nulla, “ex nihilo”, fondandolo sul nulla, perché non esiste alcun valore di riferimento che possa far capire quanto vale il biglietto di banca stampato. Ancora di più carta straccia.

Le banche centrali emettono moneta, senza limite e senza costo, e se ne attribuiscono la proprietà a titolo esclusivo e, con i loro prestiti sistematici, creano e incrementano il debito pubblico di ogni stato.

Ma la banca centrale del quale è consapevole che non ha un corrispettivo in oro, e quindi non ha valore.

Il giornalista David Icke illustra chiaramente quello che avviene nel momento in cui un normale cittadino si reca in banca per chiedere un prestito di una somma di denaro:

Quando andate in banca a chiedere un prestito, la banca non stampa neanche una banconota nuova, né conia nuove monete. Si limita a digitare la somma del vostro prestito sul vostro conto corrente. Da quel momento in poi pagate alla banca interessi su ciò che non è altro che denaro digitato sullo schermo (denaro virtuale). Eppure, se non riuscite a rimborsare il prestito che non esiste, la banca può intervenire e, in tutta legalità, espropriarvi beni che invece esistono, come la casa, la macchina, la terra e tutto quello che possedete, per un valore pari a quello che compare sullo schermo. Inoltre, poiché il denaro non viene messo in circolazione dai governi, ma dalle banche private che concedono prestiti ai clienti, le banche controllano la quantità di denaro in circolazione. Più prestiti decidono di elargire, più denaro viene messo in circolazione.” [14]

Da ricordare è il dibattito sorto nel settembre del 2002 tra l’allora ministro dell’economia italiana, Giulio Tremonti, e l’allora presidente della BCE, Willem Duisenberg, in cui il primo suggeriva la proposta di sostituire le monete metalliche da uno e due euro con le banconote di carta che, a detta di Tremonti, avrebbe dato ai consumatori un senso di maggiore sensatezza al consumo e avrebbe aiutato a tenere i prezzi sotto controllo.

La risposta di Duisenberg fu quasi derisoria.

Sotto riporto l’estratto della conferenza stampa del presidente della BCE, Willem F. Duisenberg, Francoforte 12.9.2002:

Domanda: "Mr Tremonti, il ministro italiano dell’Economia, ha proposto l’adozione delle banconte da 1 e 2 euro, insieme con le monete allo scopo di impedire ulteriori aumenti dei prezzi. Il 74% degli italiani è d’accordo con questa proposta e noi vogliamo sapere che cosa pensa lei di questo e se ne avete parlato alla Banca centrale europea. Grazie."

Duisenberg:Non abbiamo progetti di introdurre banconote da 1 o 2 euro, ma ne abbiamo sentito parlare. Naturalmente, ne abbiamo discusso. Stiamo valutando le implicazioni di introdurre tali banconote. In linea di principio non abbiamo niente contro questo progetto, ma stiamo valutando le implicazioni e spero che Mr Tremonti si renda conto che se tale banconota dovesse essere introdotta, egli perderebbe il diritto di signoraggio che si accompagna ad essa. Dunque se egli, come ministro dell’Economia, ne sarebbe contento non lo so.”

7.2 Trattato di Maastricht e BCE

Il Trattato sull'Unione Europea (noto come Trattato di Maastricht) venne firmato nella cittadina olandese sulle rive della Mosa di Maastricht il 7 febbraio 1992 dai 12 paesi membri dell'allora Comunità Europea, oggi Unione Europea ed è entrato in vigore il 1 novembre 1993.

Secondo alcuni studiosi attraverso il trattato di Maastricht è stato possibile trasferire il potere sovrano dei popoli europei ad un’entità virtuale, che decide per loro attraverso euroburocrati non eletti, liberi da controlli e responsabilità, scelti da poteri finanziari sovranazionali. Un trattato diretto a realizzare un governo europeo centralizzato, sul quale tali poteri possono più facilmente esercitare la loro egemonia e la loro pressione, lontano dal controllo elettorale dei popoli.

Secondo i sostenitori dell’Eurosistema il trattato sull'Unione europea (TUE) segna una nuova tappa nell'integrazione europea poiché consente di avviare l'integrazione politica. L'Unione europea da esso creata comporta tre pilastri: le Comunità europee, la Politica estera e di sicurezza comune (PESC), nonché la cooperazione di polizia e la cooperazione giudiziaria in materia penale (JAI). Il trattato istituisce una cittadinanza europea, rafforza i poteri del Parlamento europeo e vara l'unione economica e monetaria (UEM).

Le banche centrali delle singole nazioni europee, prima del Trattato di Maastricht, avevano un'indipendenza dal potere politico variabile tra il 40 e il 65 %; oggi, dopo i cambiamenti determinati dall'avvento dell'Euro, hanno raggiunto il 90%.

Dunque, mentre nessuna influenza può giungere dal potere politico alla BCE, dai vertici monetari giungono al potere politico continue indicazioni, parametri cui attenersi, precisi paletti che coinvolgono l'intera economia delle nazioni.

È davvero singolare come il Trattato di Maastricht si sia preoccupato di definire la BCE esclusivamente per ciò che riguarda la sua indipendenza.

Francesco Papadia e Carlo Santini, nel loro “La Banca centrale europea[15], ricordano: «Dalla lettura del Trattato emerge la particolare collocazione della Banca centrale europea nell'assetto istituzionale dell'Unione europea. L'articolo 4, infatti, non la menziona tra le istituzioni (Parlamento europeo, Consiglio, Commissione, Corte di giustizia e Corte dei conti) della Comunità. Alla Banca, però, il Trattato conferisce personalità giuridica e lo Statuto riconosce la più ampia capacità di agire in ciascuno degli Stati membri. Sotto il profilo giuridico-formale, la Banca centrale europea non è, dunque, un'istituzione comunitaria [...], i suoi atti non sono imputabili alla Comunità. La Banca centrale europea è inserita in una cornice giuridica che ne stabilisce e ne tutela l'indipendenza nell'attuazione della politica monetaria».

Ulteriore prova di come i Governi dei Paesi del SEBC abbiano perso la loro sovranità monetaria, e quindi la possibilità di influire nelle decisioni di politica monetaria dell’Ue, possiamo citare alcuni articoli del Trattato.

L’art.105 del trattato di Maastricht, infatti, prevede che “la BCE ha il diritto esclusivo di autorizzare l’emissione di banconote all’interno della Comunità.”, e l’art.107 aggiunge che “nell’esercizio dei poteri e nell’assolvimento dei compiti loro attribuiti… né la BCE, né una BCN, né un membro dei rispettivi organi decisionali possono sollecitare o accettare istruzioni dalle istituzioni o dagli organi comunitari, dai governi degli Stati membri, né da qualsiasi altro organismo. Le istituzioni e gli organi comunitari, nonché i Governi degli Stati membri si impegnano a rispettare questo principio e a non cercare di influenzare i membri degli organi decisionali della BCE o delle Banche centrali nazionali nell’assolvimento dei loro compiti.”

Ancora, all’art.108 A.1, si legge che “ la decisione (della BCE) è obbligatoria in tutti i suoi elementi per i destinatari da essa designati”. Un vero e proprio potere assoluto, in materia di politica monetaria, nelle mani della BCE che, giova ripetere, è un Ente privato sovranazionale.

A questo punto viene da chiedersi se norme di tale portata non sono in contrasto con i principi contenuti nella prima parte della costituzione italiana, specie con quello sancito dall’Art.1, dove si afferma che la sovranità appartiene al popolo.

Pertanto, le Banche centrali nazionali aderenti all’Eurosistema su autorizzazione della BCE, prestano agli Stati ed alle Banche ordinarie la moneta (l’euro) creata dal nulla (cioè senza una corrispondente copertura), richiedendo non solo il pagamento degli interessi, ma anche la restituzione del valore che l’euro medesimo ha acquistato per effetto della sua circolazione (ricordiamo che i simboli monetari entrati in circolazione, al momento dell’emissione, non avevano alcun valore, essendo stati creati dal nulla). I simboli monetari, invero, hanno incorporato il loro valore nominale, il loro potere d’acquisto, soltanto quando i popoli ne hanno accettato la circolazione (peraltro, nel caso dell’Euro si dovrebbe parlare di “accettazione imposta” e non di libera autodeterminazione di volontà).

L’Eurosistema appare quindi come una federazione di società per azioni le cui deliberazioni sono adottate dagli organi decisionali della BCE. Ad essa (cioè ad un “privato”, espressione di poteri finanziari sovranazionali) gli Stati membri hanno trasferito la propria sovranità monetaria e di conseguenza il controllo della politica economico-sociale delle nazioni.

7.3 Contabilità e debito pubblico

La banca - oggi la Banca Centrale Europea, prima la Banca d’Italia - stampa le banconote e iscrive al passivo nel proprio bilancio il loro ammontare, come se fosse una somma di proprietà della Banca e conferita da questa allo Stato.

Quindi, dal punto di vista contabile, la BCE risulta debitrice della moneta emessa, per tutto il tempo della sua circolazione; rappresentando pertanto un debito, tale moneta viene inserita fra le poste passive.

Allora, non ci si spiega perché percepisca interessi su di essa, pur essendo un debitore, visto che gli interessi andrebbero corrisposti al creditore, cioè al proprietario. Ne consegue che la BCE, essendo debitrice della moneta emessa, ne trae un utile non giustificabile, perché i veri creditori, cioè i proprietari, sono i popoli europei. Se poi si voglia assumere che la BCE è proprietaria della moneta emessa, anche prima del momento in cui la pone in circolazione (assurdo logico ed etico, in base al quale il valore della moneta non sarebbe l’effetto di una convenzione, bensì l’espressione della volontà totalitaria imposta da una struttura privata, direttamente dipendente dai gruppi di potere della finanza sovranazionale) si deve anche convenire che la medesima commette un illecito contabile allorquando la pone in bilancio fra le poste passive.

Dal Ministero del Tesoro la Banca incamera titoli di Stato e iscrive il loro ammontare all’attivo del proprio bilancio.

A questo punto tali titoli vengono “piazzati” presso le banche e gli istituti di credito che, a loro volta, li vendono ai loro clienti. Con questa operazione, la Banca centrale incassa subito sul mercato le somme che ha “prestato”allo Stato, il quale poi questi stessi titoli li rimborserà alla scadenza.

Dal canto suo lo Stato (contestualmente alla Banca centrale e per la medesima partita) iscrive al passivo nel proprio bilancio le somme che la Banca gli ha “prestato“, quelle banconote che in realtà appartengono ai cittadini e quindi dovrebbero essere iscritte all’attivo del bilancio dello Stato.

Per documentare quanto sopra si può esaminare il bilancio della Banca Centrale Europea contenuto nel Rapporto Annuale della BCE per il 2004, analizzando lo stato patrimoniale e il conto economico di gestione. Ricordo che le stesse analogie sono ripresentabili per i bilanci degli anni precedenti o successivi al 2004.
Se il bilancio 2004 fosse stato redatto conformemente alla realtà economico-giuridica , ossia alla inesigibilità verso la banca emittente delle banconote emesse, la voce passiva ‘Banconote in circolazione” dello stato patrimoniale, di oltre quaranta miliardi di Euro, sarebbe stata soppressa, e si sarebbe messa, nel conto economico, tra i ricavi, la posta “Sopravvenienza attiva € 40.100.852.165”; la quale porterebbe a un utile di esercizio di € 38.464.823.463 - utile da riportarsi nello stato patrimoniale in luogo della perdita. Anzi, l’utile di esercizio sarebbe molto maggiore, perché questa enorme variazione del patrimonio netto attivo porterebbe a ricavi proporzionalmente maggiori (circa € 1.000.000.000 al T.U.S. del 2,5%) come interessi attivi (e ciò non solo per l’anno 2004, ma anche per tutti gli anni precedenti, in cui la voce passiva fasulla era presente).

Inoltre, tutto l’incremento annuale della massa di banconote circolanti - circa € 5.200.000.000 – andrebbe ad aggiungersi agli utili di gestione.

Si noti che, in questa riscrittura del bilancio, si sommerebbero, per l’anno 2004, alcune voci attive straordinarie (la sopravvenienza attiva del controvalore delle banconote circolanti, e la conseguente sopravvenienza attiva degli interessi attivi per tutti gli anni precedenti al 2004), e alcune ordinarie, ossia destinate a ripetersi (gli interessi attivi o gli altri utili derivanti dal maggiore capitale netto; il profitto del signoraggio, ossia dell’emissione di nuove banconote).
La gigantesca somma delle passività inesistenti costituisce il valore non manifesto del patrimonio della BCE, quindi del patrimonio delle Banche Centrali che ne fanno parte. La quota competente alla Banca d’Italia, al netto, è € 4.796.563.485,84 – pari alla stima del patrimonio di Banca d’Italia come stimata nel proprio bilancio consolidato dalla sua partecipante Banca Popolare di Lodi.
Il bilancio della Banca d’Italia è fatto secondo i medesimi metodi che occultano reddito e ‘negano’ cespiti patrimoniali.

In sintesi, la Banca centrale nel mentre che iscrive al passivo del proprio bilancio i biglietti di banca emessi (anche se essi non rappresentano una perdita, perché la moneta, essendo l’unità di misura del valore dei beni, ha sempre e soltanto valore convenzionale, mai creditizio) addebita gli stessi, invece di accreditarli, ai popoli che, accettandoli, ne determinano il potere di acquisto.

Questo meccanismo che realizza un sistema usuraio, sia perché la Banca centrale, quando “presta” denaro, si arroga un diritto di proprietà, che non ha, su tutta la moneta circolante; sia perché i cittadini, da proprietari, diventano debitori della moneta che essi stessi creano. Da proprietari, e quindi creditori, a debitori: ecco l’usura praticata dal sistema delle Banche centrali che, allorquando prestano, invece di accreditare, il danaro stampato, ne caricano il costo del 200%.

Tutto ciò che è stato sopra analizzato seguendo il bilancio della BCE lo si potrebbe fare analizzando con gli stessi criteri il bilancio della Banca d’Italia.

Come si evince dal bilancio[16] presentato dal governatore Mario Draghi il 31 maggio 2006:

Figura n.6Passivo dello Stato Patrimoniale della Banca d’Italia

È la Banca d’Italia stessa che nella definizione delle “BANCONOTE IN CIRCOLAZIONE” ci racconta che esse sono un REDDITO.

Infatti a pagina 441 del bilancio bankitalia 2005 troviamo:

“ BANCONOTE IN CIRCOLAZIONE

La BCE e le dodici BCN dell’area dell’euro, che insieme compongono l’Eurosistema, emettono le banconote in euro dal 1° gennaio 2002 (Decisione BCE 6 dicembre 2001, n. 15 sulla emissione delle banconote in euro, in Gazzetta ufficiale delle Comunità europee L 337 del 20.12.2001, pp.52-54, e successive modifiche). Con riferimento all’ultimo giorno lavorativo di ciascun mese l’ammontare complessivo delle banconote in euro in circolazione viene ridistribuito sulla base dei criteri di seguito indicati.

Dal 2002 alla BCE viene attribuita una quota pari all’8 per cento dell’ammontare totale delle banconote in circolazione, mentre il restante 92 per cento viene attribuito a ciascuna BCN in misura proporzionale alla rispettiva quota di partecipazione al capitale della BCE (quota capitale). La quota di banconote attribuita a ciascuna BCN è rappresentata nella voce di stato patrimoniale Banconote in circolazione. La differenza tra l’ammontare delle banconote attribuito a ciascuna BCN, sulla base della quota di allocazione, e quello delle banconote effettivamente messe in circolazione dalla BCN considerata, dà origine a saldi intra Eurosistema remunerati. Dal 2002 e sino al 2007 i saldi intra Eurosistema derivanti dalla allocazione delle banconote sono rettificati al fine di evitare un impatto eccessivo sulle situazioni reddituali delle BCN rispetto agli anni precedenti. Le correzioni sono apportate sulla base della differenza tra l’ammontare medio della circolazione di ciascuna BCN nel periodo compreso tra luglio 1999 e giugno 2001 e l’ammontare medio della circolazione che sarebbe risultato nello stesso periodo applicando il meccanismo di allocazione basato sulle quote capitale. Gli aggiustamenti verranno ridotti anno per anno fino alla fine del 2007, dopodiché il reddito relativo alle banconote verrà integralmente redistribuito in proporzione alle quote, versate, di partecipazione delle BCN al capitale della BCE (Decisione BCE 6 dicembre 2001, n. 16, sulla distribuzione del reddito monetario delle BCN degli Stati membri partecipanti a partire dall’esercizio 2002, in Gazzetta ufficiale delle Comunità europee L 337 del 20.12.2001, pp.55-61, e successive modifiche).

Gli interessi attivi e passivi maturati su questi saldi sono regolati attraverso i conti con la BCE e inclusi nella voce di conto economico interessi attivi netti.

Il Consiglio direttivo della BCE ha stabilito che il reddito da signoraggio della BCE, derivante dalla quota dell’8 per cento delle banconote a essa attribuite, venga riconosciuto separatamente alle BCN il secondo giorno lavorativo dell’anno successivo a quello di riferimento sotto forma di distribuzione provvisoria di utili (Decisione BCE 17 novembre 2005, n. 11, in Gazzetta ufficiale delle Comunità europee L 311 del 26.11.2005, pp.41-42). Tale distribuzione avverrà per l’intero ammontare del reddito da signoraggio, a meno che quest’ultimo non risulti superiore al profitto netto della BCE relativo all’anno considerato o che il Consiglio direttivo della BCE decida di ridurre il reddito da signoraggio a fronte di costi sostenuti per l’emissione e la detenzione di banconote. Il Consiglio direttivo della BCE può altresì decidere di accantonare l’intero reddito in discorso o parte di esso a un fondo destinato a fronteggiare i rischi di cambio, di tasso di interesse e di prezzo dell’oro. La distribuzione dell’acconto sugli utili da parte della BCE, corrispondente alla quota di reddito da signoraggio della BCE stessa riconosciuta all’Istituto, è registrata per competenza nell’esercizio cui tale reddito si riferisce, in deroga al criterio di cassa previsto in generale per i dividendi e gli utili da partecipazione.

Per l’esercizio 2005 il Consiglio direttivo della BCE ha deciso che l’intero ammontare del reddito da signoraggio resti attribuito alla BCE stessa. “

Ora letto quanto sopra riportato, ovvero un testo presente nel bilancio 2005 di Bankitalia e firmato dallo stesso Governatore Draghi, si evince come le banconote in circolazione rappresentino un reddito per la stessa Banca d’Italia..

L’ingegner Lino Rossi dopo delle attente ricerche ed analisi, arriva a delle conclusioni per certi versi dimostrate, per altri versi sconvolgenti per i dubbi che suscitano. Egli afferma che nel momento in cui si pongono nelle passività i suddetti “redditi” succede che gli stessi vengono sottratti al CONTO ECONOMICO, così come definito dall’art. 2425 del C.C.. Significa, secondo Rossi, due cose:

1) il reddito così trattato non viene sottoposto a nessun tipo di imposizione fiscale, né a nessun tipo di rientro nelle casse dello Stato;

2) lo stesso viene fatto sparire dalla contabilità per prendere (addirittura) la misteriosa via del “nero”.

Dal un libro universitario di economia aziendale (Produzione e Mercato - A. Birolo G. Tattara - Ed. Il Mulino - 1991) si legge: "Si osservi che il biglietto di banca rappresenta un debito della banca centrale nei confronti di chi lo possiede. Quando un biglietto torna alla banca centrale, il debito che esso rappresenta è automaticamente estinto; l'eliminazione del debito comporta dunque la distruzione della moneta".

Pertanto secondo questa analisi Bankitalia si sarebbe sbagliata a definire le “banconote in circolazione” come “reddito” perché in realtà è un debito e quindi fa benissimo a mettere quelle somme nelle passività.

La banconota che torna alla banca centrale viene distrutta.

Vengono spontanee, secondo l’Ing. Rossi, porsi alcune domande:

a) da quando in qua un soggetto percepisce gli interessi di un debito da esso stesso contratto?

b) quando un debito non viene richiesto da nessuno è ancora tale? Nessuno infatti ha titolo per andare alla Banca d’Italia ad esigere la restituzione di quel “debito”.

c) da quando in qua un debitore “distrugge” il credito altrui? Quelle banconote sono della collettività e servono per scambiare i beni che la collettività stessa produce.

Dai bilanci ufficiali presenti sul sito della nostra banca centrale troviamo:

Tabella n.3Dati prelevati dai bilanci ufficiali della banca d’Italia sulle Banconote in circolazione

Anno

Banconote in

circolazione [€]

1996

54.799.175.735

1997

58.914.304.307

1998

63.220.005.474

1999

70.614.050.000

2000

75.063.752.000

2001

64.675.772.000

2002

62.835.488.000

2003

73.807.446.000

2004

84.191.125.720

2005

94.933.679.360

2006*

100.000.000.000*

* stima

Nascono serie perplessità quando leggiamo da diverse fonti quali:

- nella seconda edizione di “Euroschiavi” di Marco Della Luna ed Antonio Miclavez che “alle isole Cayman sono stati trovati i seguenti conti:

700 26891 A01 N BANCA D'ITALIA UFFICIO RISCONTRO VIA NAZIONALE, 91 I-00184 ROMA, ITALIA

709 27154 A01 N BANCA D'ITALIA SERVIZIO RAPPORTI CON L'ESTERO, UFFICIO RISCONTRO 2484 VIA NAZIONALE, 91 I-00184 ROMA ITALIA; “

- sul web - http://spazioinwind.libero.it/cobas/finanzaloro/bancaditalia.htm - La Banca d'italia nel 1994, tramite l'Ufficio italiano cambi (Uic), è entrata -con 100 miliardi di dollari- in una società controllata dall'Hedge Fund Ltcm e costituita nel paradiso fiscale delle CAYMAN ISLAND dai soci promotori dello stesso Ltcm !!!

- nel Corsera del 26-10-95 - Il Financial Time ha scritto che per questo investimento la Banca d'italia ha perso la sua "credibilità morale";

- ne Il Sole 24 Ore dell’ 8-10-98 - "E' assurdo utilizzare riserve nazionali per investire su un fondo come Ltcm,che era chiaramente speculativo",dichiara Edward Thorp, "padre" degli Hedge Fund americani;

- nel libro “Il Potere del denaro svuota le democrazie” di Giano Accame, ed. Settimo Sigillo – un esplicito riferimento alla presenza della Banca d’Italia alle isole Cayman.

Valutare la veridicità di queste fonti, se pur citate da autorevoli testate economiche quali Il Sole 24 ore o il Financial Time, può risultare secondario al problema, nonché rappresenta un compito arduo anche perché andare a rintracciare i fondi neri è sempre un’impresa complessa. Ciò che conta è che quei soldi non sono dove dovrebbero essere, ovvero nelle casse dello Stato a lenire il nostro enorme debito pubblico.

Tutte queste operazioni producono un debito pubblico in continuo aumento.

Esempio: “se lo Stato restituisce 98 e non 102 cosa succede? non è che può fare molto.. può solo chiedere un nuovo prestito, stavolta di 104 (100 per le spese previste per il nuovo anno, 4 per il debito non pagato l'anno precedente).

Naturalmente a fine anno dovrà restituire 104 + gli interessi = 106 (circa). Ora si possono seguire due strade: o si aumenta la pressione fiscale, oppure si mantiene stabile la tassazione per motivi di ordine pubblico (un popolo che si vede aumentare le Tasse e poi scopre come vengono sperperati i suoi soldi tende, storicamente, a non tollerare questi “errori”) ma si aumenta il ricorso all'indebitamento pubblico, tramite il prestito privato dalle banche centrali.”

Questa situazione si è ripetuta e tuttora si ripete tutti gli anni.

Tabella n.4Debito pubblico italiano dal 2002 al 2005 [17]

Anno

Debito pubblico

PIL

2002

1.367.169

1.295.226

2003

1.392.285

1.335.354

2004

1.442.994

1.388.870

2005

1.510.826

1.417.241

Come si vede dalla tabella, dal 2002 al 2005 il debito pubblico è sempre aumentato e continuerà ad aumentare. Infatti anche quello stimato per l’anno 2006 sfonda la quota dei 1600 miliardi di euro, secondo quanto riporta il supplemento Finanza Pubblica al Bollettino Statistico della Banca d'Italia.

Siccome alla BCE è stata data (come a Bankitalia S.p.A. prima di essa) totale autonomia nella decisione del tasso di sconto[18], questo significa che: «chi» presta decide anche a «quanto» presta.

Questo comporta un aumento del costo del denaro e quindi un aumento degli interessi sui prestiti.

Si sente spesso dire alla radio che « il deficit pubblico è aumentato per un imprevisto dilatarsi della servitù sul debito». Il vero significato di quest’ultima frase sta nel fatto che il banchiere aumenta il tasso di sconto e lo Stato si ritrova costretto ad inventarsi qualche tassa nuova o aumentare una di quelle esistenti per far fronte al Debito Pubblico.

Quindi, essendo il creditore – la banca centrale - sempre lo stesso soggetto (grazie al trattato di Maastricht e grazie al tacito rinnovo che lo scorso 31 dicembre 2005 ha permesso a Bankitalia S.p.A. - socia 15% della BCE - di proiettare la fine del contratto che la lega allo Stato Italiano in qualità di "Servizi di Tesoreria dello Stato" al 31 dicembre 2030) ed essendo il debitore – i cittadini - impossibilitato a rivolgersi altrove e/o a stamparsi moneta propria si viene a creare, persistendo in questa situazione, uno Stato sovrano debitore in eternum.

7.4 Federal Reserve

Quanto esaminato finora a titolo di signoraggio, perdita di sovranità monetaria da parte del popolo e debito pubblico nell’area europea, sotto il velo della BCE, avviene anche negli Stati Uniti, ma stavolta al posto della Banca Centrale Europea qui la fa da “padrona” la Federal Riserve Bank, ossia la banca centrale degli U.S.A. .

L’articolo 1, Sezione 8 della Costituzione stabilisce che il Congresso deve avere il potere di coniare moneta (creare) e di stabilirne il valore.

Tuttavia, attualmente, la FED, che è una società privata, controlla e trae profitto dal produrre moneta attraverso il Tesoro, e controllandone il valore.

Venne istituita il 23 dicembre 1913 su proposta del presidente Woodrow Wilson approvata dal Congresso degli Stati Uniti.

La FED ebbe inizio con circa trecento persone o banche, che diventarono proprietari (azionisti che hanno comprato il capitale azionario a $ 100 per azione – il capitale azionario non è commercializzato pubblicamente) del Sistema Bancario della Federal Riserve. Essi formarono un cartello bancario internazionale di ricchezza senza confronto. Il sistema bancario della FED raccoglie miliardi di dollari di interessi annui e distribuisce i profitti ai suoi azionisti.

Illegalmente, il Congresso ha dato alla FED il diritto di stampare moneta (attraverso il Tesoro) senza alcun onere per la FED. La Federal Riserve ha creato denaro dal nulla, e lo presta attraverso le sue banche, e carica gli interessi sul dollaro.

Attualmente le banche azioniste della Federal Reserve sono per statuto banche nazionali americane, ad oggi suddivise in dodici distretti:

· Boston

· New York

· Philadelphia

· Cleveland

· Richmond

· Atlanta

· Chicago

· St. Louis

· Minneapolis

· Kansas City

· Dallas

· San Francisco

Le azioni di ogni distretto possono essere detenute sia da banche americane che straniere.

Attualmente il distretto di New York controlla gli altri undici ed è di proprietà di banche private:

· La Banca Rothschild di Londra

· La Banca Warburg di Amburgo

· La Banca Rothschild di Berlino

· La Lehman Brothers di New York

· La Lazard Brothers di Parigi

· La Banca Kuhln Loeb di New York

· Le Banche Israel Moses Seif in Italia

· La Goldman Sachs di New York

· La Banca Warburg di Amsterdam

· La Chase Manhattan Bank di New York

Nessun uomo denunciò maggiormente il potere della FED quanto Louis T. McFadden, il presidente della Commissione Camerale Bancaria negli anni '30.

Egli costantemente precisava che le questioni sull'emissione monetaria non dovevano essere partigiane, e criticava le amministrazioni sia di Herbert Hoover che di Franklin Roosevelt.

Descrivendo la FED, nel 10 giugno 1932 (Verbale del Congresso, Camera, pagine 1295 e 1296), McFadden affermava:

"Signor Presidente, in questo paese abbiamo una delle istituzioni più corrotte che il mondo abbia mai conosciuto. Mi riferisco al consiglio d'amministrazione della Federal Reserve ed alle banche Federal Reserve. Il cda della Federal Reserve, un cda di governo, ha fregato al Governo degli Stati Uniti ed al popolo statunitense abbastanza soldi per estinguere il debito pubblico. Le predazioni ed ingiustizie del cda della Federal Reserve e delle banche Federal Reserve, agendo assieme, sono costate a questo paese abbastanza soldi per ripagare numerose volte il debito nazionale. Questa maligna istituzione ha impoverito e rovinato il popolo degli Stati Uniti, è andata in bancarotta ed ha portato alla bancarotta il Governo. Ha ottenuto questo attraverso la cattiva amministrazione della legge che autorizzava il cda della Federal Reserve ed attraverso le combriccole corrotte che la controllano. Qualcuno pensa che le banche Federal Reserve siano istituzioni degli Stati Uniti. Non sono istituzioni statunitensi. Sono monopoli di credito privati che si basano sul popolo statunitense per beneficiare se stessi ed i loro clienti stranieri, gli speculatori e predatori interni e stranieri, e i ricchi predatori usurai. In questa oscura cricca di pirati finanziari ci sono quelli che taglierebbero la gola di chiunque per sottrargli un dollaro dalle tasche, vi sono quelli che mandano soldi negli stati per comprare i voti per controllare la nostra legislazione, e ci sono quelli che mantengono una propaganda internazionale allo scopo di ingannarci e di spingerci a fornire nuove concessioni che permetteranno loro di insabbiare le loro malefatte precedenti e di rimettere in moto il loro gigantesco treno criminale. Questi 12 monopoli privati vennero slealmente ed ingannevolmente imposti a questo paese da banchieri che vennero dall'Europa e che hanno ripagato la nostra ospitalità minando alla base le nostre istituzioni americane".

Il Congresso americano permette alla illegale FED di andare avanti, la maggior parte delle tasse va agli azionisti della FED ed ai loro banchieri.

La FED compra il debito degli stati Uniti con il denaro che stampa dal niente, poi carica l’interesse sui contribuenti americani.

Il Governo ha dovuto creare l’imposta sul reddito per pagare le spese per gli interessi agli azionisti della FED, ma l’imposta sul reddito non è stata mai approvata legalmente Nessuno Stato ha ratificato il 16° emendamento che rende legale l’imposta sul reddito.

8. MONETE COMPLEMENTARI E MONETE ALTERNATIVE

Esistono dei progetti di riforma non conflittuali, ispirati da una logica pragmatica: da un lato bisogna accettare il presupposto che il potere reale è nelle mani di banchieri privati, i quali non sono ovviamente disposti a cederlo; dall'altro, ci si può far forti del fatto che la situazione monetaria e finanziaria mondiale diviene sempre più instabile e pericolosa, anche per l'oligarchia bancaria; e che, quindi, questa oligarchia ha interesse a trovare e implementare riforme che assicurino la sostenibilità del sistema, sul quale si basa il suo potere.

Alcuni studiosi, come Marco Saba[19], hanno elaborato "pacchetti" di proposte ragionevoli, rivolte a questo fine.

Un vantaggio importantissimo di queste proposte è che aiutano la gente a capire che cos'è, come funziona e perché vale la moneta.

Innanzitutto bisogna precisare la distinzione tra moneta complementare e alternativa.

La moneta complementare è una moneta il cui utilizzo non esclude l'utilizzo di un'altra moneta (solitamente legale) in una data comunità. Essa può essere legalmente riconosciuta o meno ed essere utilizzata in territori più o meno vasti e più o meno coincidenti con il territorio coperto dall'altra moneta.

Diversamente, la moneta alternativa è una moneta, locale o meno, il cui utilizzo esclude l'utilizzo di un'altra moneta (solitamente legale) in una data comunità. Essa è quindi solitamente non legalmente riconosciuta nella stessa comunità, pur potendolo essere in altre (pensiamo alle monete nazionali odierne o all'euro, a corso legale solo nelle rispettive aree nazionali o sovrazionali).

Dal punto di vista legale, può essere vera moneta solo una moneta complementare e non una moneta alternativa: quest'ultima, infatti, escludendo per definizione l'utilizzo di altre monete nello stesso territorio, è sempre un Certificato monetario[20] oggigiorno.

Tuttavia una moneta complementare seppur legalmente riconosciuta e con le caratteristiche di una vera moneta non è compatibile dal punto di vista teorico con un Certificato monetario quale è la moneta legale odierna, ma dal punto di vista pratico si può certamente implementare con tutti i vantaggi che ne derivano in termini di disponibilità di mezzo di scambio, di velocità di circolazione dello stesso e quindi di incentivo dell'attività produttiva di beni e servizi sottostanti.

E' necessario notare, comunque, che dal punto di vista pratico non è necessaria la legalità della moneta complementare o della moneta alternativa per renderla utile e vantaggiosa, nel momento in cui l'accordo non legale è rispettato dalle parti coinvolte. Di certo, sempre dal punto di vista pratico, risulta più compatibile con la realtà legale vigente la moneta complementare rispetto alla moneta alternativa: per definizione infatti essa non si pone in alternativa alla moneta legale stessa e quindi non dovrebbero porsi problemi di incompatibilità a livello legale.

Quindi moneta complementare deve poter essere usata contemporaneamente alla moneta legale nei pagamenti, ossia deve avere un rapporto di cambio determinato con la moneta legale (possibilità cioè di pagamenti misti in valute diverse), pur non essendo legalmente convertibile con essa.

Una moneta alternativa, invece, è per definizione competitiva con la moneta legale vigente. Essa può nella pratica essere utilizzata a scapito però della legge vigente, ed a differenza della moneta complementare che integra la legge anziché esserle contraria. Essa per definizione non è utilizzata contemporaneamente alla moneta legale vigente nei pagamenti, e può o meno essere convertibile con essa: la moneta alternativa è quindi un mezzo di scambio competitivo rispetto alla moneta legale. Inoltre, essendo alternativa, per definizione può svolgere anch'essa la funzione di riserva di valore al pari della moneta legale odierna.

Le monete complementari, ovunque esse siano state adottate, hanno portato grandi benefici alla comunità locale che se ne serviva.

Qui di seguito vorrei riportare due esempi significativi di monete complementari, riferendomi alle esperienze di Silvio Gesell e del prof. Auriti.

La prima esperienza riguarda l’idea che ebbe un commerciante tedesco-argentino di nome Silvio Gesell[21] .

Egli riconobbe il doppio ruolo contraddittorio del denaro, come mezzo di scambio al servizio del mercato e come strumento di potere che contemporaneamente domina il mercato. Come strada per togliere il potere al denaro, Gesell non pensò ad un ritorno al divieto canonico di interesse della scolastica medievale o addirittura all’eliminazione dei cosiddetti ‘usurai ebrei’. Piuttosto immaginò un cambiamento istituzionale della moneta, in modo che tenere in cassa il denaro sia collegato a dei costi, che neutralizzerebbero i vantaggi della tesaurizzazione e liquidità.

Il nome di Gesell è legato alla seguente esperienza. Nel 1931 in una cittadina del Tirolo (Woergl), il sindaco, Michael Unterguggenberger, traendo spunto dalle teorie di Gesell, per risolvere la grande depressione, decise di battere la propria moneta, che chiamò «banconota del lavoro». Si trattava di una moneta complementare molto particolare, perché era deperibile, cioè perdeva valore nel tempo. Per tenerla in corso infatti, chi possedeva le banconote doveva apporvi ogni mese un bollo, che costava l’1% del valore nominale della moneta (in una moneta per esempio da 10 scellini ogni mese si doveva attaccare un bollo di 0,1 scellini). Di fatto la moneta perdeva ogni anno il 12% del suo valore. L’emissione del sindaco era coperta alla pari da una somma in veri scellini depositati nella banca del comune. Tutti gli impiegati del comune iniziarono a prendere lo stipendio con la nuova moneta. Inizialmente i bottegai si rifiutarono di accettare la nuova moneta, ma poi furono costretti perché in circolazione c’era poco denaro, quasi niente. Presto tutti l’accettarono per il solo fatto che chiunque altro l’accettasse (oggi l’euro è valido solamente perché noi lo accettiamo). Vi furono solo due eccezioni: l'ufficio postale e la stazione ferroviaria, istituzioni dello Stato, rifiutarono le «note del lavoro» e continuarono a pretendere scellini.

La presenza di questa moneta deperibile, che nessuno aveva interesse ad accumulare, fece risorgere l’economia comunale e aumentare la circolazione monetaria. Era dal 1926 che il paese non vedeva tanti introiti: furono asfaltate strade e fatti moltissimi altri lavori pubblici.

Come spiega Maurizio Blondet in Schiavi della banche[22] , il fatale errore del sindaco fu proprio di raccontare felicissimo ai giornalisti che il 12% annuo estratto dalla bollatura delle banconote, lui, l’aveva reinvestito e speso per il bene della popolazione, e che, dato il ritmo della circolazione, ogni mese il Comune vedeva tornare nelle sue casse venti volte l’ammontare dei primi stipendi pagati con le banconote deperibili. Il 2000%. Senza nemmeno saperlo il sindaco aveva rivelato due segreti vietatissimi:

1) l’enorme profitto che il sistema bancario estraeva dalla circolazione;

2) l’immenso e occulto profitto che l’emissione monetaria regalava a chi batte la moneta.

Immediatamente la Banca Nazionale austriaca intervenne abolendo quel fastidioso concorrente. La moneta deperibile fu bandita e resa illegale (in violazione dell’art. 122 dello statuto della Banca nazionale austriaca) nel 1933, perché contraria al monopolio monetario accordato alla banca centrale, cioè contraria agli interessi dei banchieri.

Il secondo esperimento riguardante i vantaggi di una moneta “locale” tratta la fantastica idea avuta da Giacinto Auriti (1926 - 2006), professore universitario in discipline giuridiche che, una volta in pensione, ha elaborato un'originale e discussa teoria riguardante la moneta.

Egli effettuò, a Guardiagrele (Chieti), sua città natale in Abruzzo, un esperimento che ebbe enorme successo salvo poi che l’iniziativa fu, subdolamente, interrotta dalla Procura di Chieti su denuncia non solo di alcuni commercianti locali, ma anche su pressioni della Banca d’Italia.

Il professor Giacinto Auriti alla fine del Luglio 2000, in qualità di fondatore e segretario del SAUS (Sindacato anti-usura) mise in circolazione i SIMEC (simboli econometrici di valore indotto) di esclusiva proprietà del portatore (come è esplicitamente stampato sui biglietti).

Figura n.7 - Taglio da 1000 SIMEC


Scopo di questo esperimento della teoria del valore indotto (che Auriti ha propugnato per oltre trentacinque anni) era quello di verificare "in corpore vili" che i cittadini possono per convenzione creare il valore della moneta locale senza alcun intervento nè dello Stato nè del sistema bancario; l'obiettivo ultimo era quello di sostituire alla sovranità illegittima della Banca d'Italia la proprietà della moneta, quale prerogativa dello Stato, a favore dei singoli cittadini; ma l’esperimento rappresentò già un successo rilevantissimo, perchè apportò un punto fermo in materia monetaria, ovverosia l'accertamento sul piano pratico e fattuale del principio che il valore è dato alla moneta solo da chi l'accetta (cittadini) sulla base di una convenzione, e non da chi la emette (banca).

Questa affermazione vale ancora di più in relazione al fatto che, come ribadito più volte precedentemente, fu abolita la moneta convertibile in oro ovvero la cosiddetta riserva aurea il 15 agosto del 1971 su iniziativa di Richard Nixon storicamente conosciuta come l’abolizione degli accordi di Bretton Woods. In coerenza di quest’ultima affermazione più volte ribadita dal professor Auriti , l’operazione economica svoltasi a Guardiagrele, a detta dei quotidiani di quel periodo, rivitalizzò il commercio e quindi la critica economia locale (Guardiagrele risultava il comune con il più alto indice per suicidi da insolvenza).

Nella circostanza il professor Auriti rilasciò la seguente dichiarazione piuttosto lapidaria: «È come se avessimo messo del sangue in un corpo dissanguato».

Non può dubitarsi che l'iniziativa del giurista abruzzese costituisce un importante riscontro scientifico di sociologia giuridica ed economica senza precedenti in Italia, soprattutto perché proviene da un'associazione privata (SAUS) e non da un ente dotato di potere pubblico, come potrebbe essere, se non lo Stato, il Comune. Deve anche aggiungersi che l'esperimento di Auriti sollecitò l'attenzione non solo delle forze politiche italiane, oltre che della stampa nazionale, ma anche di numerosi organi di informazione stranieri, a dimostrazione dell'interesse destato dalla nuova rivoluzionaria formula monetaria, che configurò la moneta come strumento di diritto sociale avente contenuto patrimoniale come detta l’art. 42 della costituzione al secondo comma, che riconosce la proprietà per tutti aggiungendo in piena legittimità alla sovranità politica anche quella monetaria in capo alle collettività nazionali.

Auriti realizzò il progetto in due fasi: la prima, che il professore denominò dell'avviamento, servì perché il SIMEC potesse conseguire "quel valore indotto che lo oggettivizza come un bene reale, oggetto di proprietà del portatore", e che lo distinse dalla moneta corrente non più soltanto formalmente, ma anche sostanzialmente. La seconda fase che consentì al Comune di "beneficiare del servizio econometrico predisposto dal SAUS (Sindacato anti-usura), mediante un Assessorato per il Reddito di Cittadinanza, che ebbe il compito di promuovere, anche culturalmente, l'iniziativa, di controllare e attuare la distribuzione dei SIMEC tra i cittadini".

In sostanza il progetto tecnicamente parlando si sviluppò lungo questa direttrice: ogni lira veniva cambiata con un SIMEC, tenendo la parità. Questo cambio era rilevante per salari e pensioni: chi riceveva 800.000 lire le cambiava in 800.000 SIMEC. Invece, il SIMEC veniva cambiato quotidianamente con due lire. Lo stesso valore era applicato negli acquisti, era il valore convenzionale riconosciuto al SIMEC; perciò, un oggetto che costava 1000 lire, veniva ad avere un prezzo di 500 SIMEC. Trovandosi con lo stesso reddito e prezzi in SIMEC dimezzati, gli abitanti di Guardiagrele avevano un potere di acquisto raddoppiato.

Diciamo che il SIMEC non era una vera e proprio moneta complementare: se il SIMEC fosse stata una moneta complementare avrebbe violato la Costituzione Europea che riserva alla sola Banca Centrale Europea (BCE) il diritto di emettere moneta. In realtà, i SIMEC secondo Auriti erano <<francobolli>>, privi di riserva, che circolavano come mezzo di pagamento non per una scelta dell'emittente (che non poteva imporre un corso legale forzoso), ma per una libera scelta di commercianti e consumatori. In quanto non aveva riserve né valore intrinseco né corso forzoso imposto per legge, il SIMEC non aveva nessuno degli attributi che qualificano una moneta.

Il cittadino andava dal commerciante a fare la spesa e quest'ultimo accettava i SIMEC per il doppio perché convenzionalmente valeva il doppio. Quando i cittadini, dunque andavano a fare il cambio questo avveniva per il doppio, perché tutti quanti lo accettavano per il doppio. Tutto questo risultò un vero e proprio volano per l’economia locale tanto più che il professor Auriti sostenne:«La gente è entusiasta perché qui è rinata Guardiagrele. Quando è entrato sul mercato il valore indotto del SIMEC è ritornato il sangue nell'economia», permettendo concretamente ai cittadini di toccare con mano la rinascita economica e sociale del paese che purtroppo crollò in virtù del sequestro dei SIMEC su disposizione della Procura di Chieti e non solo.

Questi sono solo due esempi dei benefici che possono dare le monete, nel momento in cui esse vengono emesse “per il popolo” e non “prestandole al popolo”.

Il prof. Nino Galloni[23] ha indicato le basi economico-sociali che possono dar luce a una moneta complementare. Egli afferma che la condizione necessaria per la sua realizzazione è l’esistenza di risorse e di opportunità di sviluppo territoriale, dunque di una capacità produttiva, e di una disponibilità di forza lavoro, ossia di disoccupati immediatamente disponibili e dotati di competenze professionali. Occorre che un numero critico di imprese, almeno un centinaio, sufficientemente concentrate all’interno di un territorio, sottoscrivano un “patto territoriale” assieme ai rappresentanti dei cittadini e delle istituzioni in base al quale si impegnano ad accettare la moneta emessa dal consorzio e , a loro volta, ad utilizzarla nelle transazioni con i convenzionati e per pagare i propri lavoratori. Questi dunque riceveranno una busta paga costituita in parte da moneta complementare, con la quale acquistare prodotti e merci presso le imprese del consorzio, e in parte da moneta ufficiale per acquistare i servizi e i prodotti non esistenti sul territorio, come la benzina, Ovviamente questo genere di progetti coinvolgerà settori come quello tessile, alimentare , o di sfruttamento delle risorse naturali, semprechè non si riesca a coinvolgere anche imprese che erogano dei servizi. Non bisogna infine trascurare, secondo Galloni, l’importanza di una cooperazione con gli enti pubblici, e dunque l’esistenza di una normativa che preveda la possibilità di creare dei patti territoriali, o che comunque non si pone in maniera trasversale rispetto a questo tipo di iniziative.

L’esperienza delle monete complementari e alternative, si è diffusa in questi ultimi anni in tutto il mondo.

Dal seguente grafico si può notare come, col passare degli anni, il ricorso a queste forme di sistemi monetari associati a quelli ufficiali, si fanno sempre più dirompenti.

Figura n.8 - Sistemi di Scambio Locali - Sviluppo Annuale delle valute complementari nel mondo[24]

Nigeria, Senegal, Sud Africa, Kenya, Cameroon sono i paesi africani dove l’esperienza dello scambio comunitario si è radicata di più, prendendo a modello lo schema dei LETS inglesi[25].

In Sud Africa il South African New Economics Network ha attivato un sistema di scambio comunitario che si basa sia sul mutuo baratto di tempo e beni, sia sull’utilizzo di una moneta complementare che per lo più viene scambiata online[26].
Bangladesh, Hong Kong, Indonesia, Giappone, Corea, Papua Nuova Guinea, Filippine e Tailandia sono i paesi dell’Asia che vedono nelle monete locali (Community Currency System – CCS) una valida integrazione all’economia tradizionale.

Particolarmente interessanti sono gli esempi di monete locali della Nuova Guinea che bene esemplificano il concetto di Nuova Economia Tradizionale.
In Tailandia il primo progetto per introdurre il sistema di moneta locale si chiama Bia Kud Chum ed è stato introdotto grazie ad uno scambio di esperienze con attivisti comunitari dal Messico e dagli Stati Uniti. Kud Chum intende promuovere la produzione locale in alternativa all’importazione di beni da fuori, ridurre l’emorragia di moneta nazionale dalla comunità e rivitalizzare le tradizioni locali di scambio reciproco.

Nella medesima ottica a Bali si riscopre l’antico Uang Kepeng.
Argentina, Brasile, Cile, Colombia, Ecuador, El Salvador, Honduras, Messico, Perù, Uruguay, Venezuela, praticamente tutta l’America Latina, sono sensibili alle tematiche dello scambio come alternativa all’economia tradizionale.
In Brasile una delle esperienze più avanzate è rappresentata dall’Instituto Strohalm de Desenvolvimento Integral[27] che promuove una serie di metodologie diverse come alternativa allo scambio monetario tradizionale: si va dalle reti di Commercio Equo e Solidale, allo scambio tra imprese basato su una liquidità interna autonoma che si ispira all’esperienza turca di Turkbarter, o alle varie modulazioni del concetto di moneta locale (Valor Local Circulante, o VLC; Bônus de Fomento; Sistema de Circulante Comunitário Controlado – SCCC).

9. DENUNCE REALIZZATE CONTRO LE BANCHE

Non numerosi ma certamente eclatanti sono gli episodi che raccontano i tentativi di denuncia intrapresi da singoli individui e associazioni contro le banche.

Potrei cominciare citando la celebre causa intentata dal già citato prof. Giacinto Auriti, il quale in data 8 marzo 1993, ha presentato un esposto-denuncia per truffa, falso in bilancio, associazione a delinquere, usura e istigazione al suicidio, contro la Banca d’Italia e contro l’allora governatore Carlo Azeglio Ciampi, alla Procura della Repubblica.

La controrisposta della Banca d’Italia, rappresentata e difesa dagli avv.ti Giuseppe Vittimberga e Sergio Luciani e dal dott. proc. Marco Mancini dell'Avvocatura della Banca stessa, in sede giudiziaria, fu la seguente:

“ La visione della moneta e delle funzioni monetarie che l'attore intende accreditare è palesemente distorta e completamente infondata. Da un punto di vista logico, è innanzitutto ben evidente che l'accettazione da parte della collettività, lungi dall'essere causa del valore della moneta, ne rappresenta in realtà solo l'effetto, sicché il sillogismo deve essere rovesciato: non è vero che la moneta vale in quanto è accettata, ma semmai, come la storia e la cronaca stanno a dimostrare, che essa è accettata solo in quanto abbia un valore. Di qui la necessità che tale valore, rispondendo ad un fondamentale interesse pubblico, sia difeso e garantito dalle Pubbliche Autorità, funzione nei moderni stati affidata alle banche centrali.

Sotto il profilo giuridico, poi, il batter moneta ha da sempre rappresentato e rappresenta tutt'ora una delle più evidenti e indiscusse espressioni della sovranità statale, sicché può correttamente affermarsi che il valore della moneta trae il proprio fondamento solo ed unicamente da norme dell'ordinamento statale, che, per solito, disciplinano minutamente la creazione e la circolazione della moneta, ne sanciscono l'efficacia liberatoria, ne sanzionano la mancata accettazione in pagamento e tutelano la fede pubblica contro la sua falsificazione ed alterazione.

Anche in Italia, questa fondamentale prerogativa sovrana dello Stato è compiutamente disciplinata dal legislatore sia per quanto attiene all'attribuzione della funzione di emissione, che in ordine alle relative modalità di esercizio.

La funzione di emettere moneta, affidata nella sua quasi totalità alla Banca d'Italia, sulla base di un rapporto avente natura concessoria, dall'art. 28 aprile 1910, n. 204, ha successivamente assunto il carattere di un'attribuzione istituzionale della Banca centrale, a seguito del R.D.L. 12 marzo 1936, n. 371, e dell'art. 1 dello Statuto della stessa Banca, approvato con R.D. 11 giugno 1936, n. 1067, e successive modificazioni, a norma del quale essa è un istituto di diritto pubblico che, quale unico istituto di emissione, emette biglietti nei limiti e con le norme stabilite dalla legge.

In ordine alle modalità di esercizio di tale funzione, l'art. 4 del T.U. n. 204/1910 e il D.P.R. 9 ottobre 1981, n. 811, prevedono che alla fabbricazione del biglietto concorrano la Banca d'Italia e lo Stato, tramite il Ministero del tesoro, in modo che ne l'una ne l'altro possano formare un biglietto completo.

Mentre per la fabbricazione l'Istituto di emissione e il Ministero del tesoro hanno competenze congiunte e coordinate, le decisioni riguardanti la quantità dei biglietti da immettere nel mercato ed i tempi dell'immissione competono alla sola Banca quanto strumentali all'esercizio delle funzioni di controllo della liquidati del sistema e di salvaguardia del valore del metro monetario, affidatele nell'ordinamento italiano (T.U. n. 204/1910 e Statuto della Banca d'Italia, ma anche art. 47 della Costituzione) e ora trovanti fondamento, anche a livello comunitario, nell'art. 105 del Trattato di Maastricht sull'Unione Monetaria Europea.

Sia in ordine alla fabbricazione che all'emissione monetaria, l'attività della Banca d'Italia, pur caratterizzandosi per una forte discrezionalità tecnica, non è esente da vincoli e da controlli riguardanti la produzione dei biglietti, l'iter di emissione, l'annullamento e la distruzione delle banconote logore o danneggiate. In particolare, i tagli dei biglietti che possono essere emessi dalla Banca d'Italia sono stabiliti con legge, mentre le caratteristiche e le quantità dei biglietti da stampare vengono stabilite con distinti decreti del Ministro del tesoro. L'intera attività della Banca in questi campi è poi sottoposta alla vigilanza del Ministro del tesoro e di un'apposita commissione permanente di cui fanno parte, fra l'altro, anche sei parlamentari (artt. 108 ss. del T.U. n. 204/1910).

A ciò si aggiunga l'evidente carenza di interesse ad agire dell'attore, il quale ha promosso un'azione di accertamento senza che esistesse alcuna situazione di incertezza da rimuovere tant'è che l'emissione della moneta è compiutamente disciplinata dal legislatore in modo da non lasciare spazi all'immaginazione o alla fantasia né alcun pregiudizio, anche soltanto potenziale, per l'attore in proprio o per l'associazione che lo stesso asserisce di rappresentare.

La domanda attorea è poi, anche nel merito, destituita del benché minimo fondamento.

Essa muove, infatti, dalla premessa, completamente errata, secondo cui difetterebbe nel nostro ordinamento una norma di legge che indichi il proprietario della moneta all'atto dell'emissione, sicché l'appropriazione della stessa da parte della Banca d'Italia si baserebbe su una consuetudine interpretativa contra legem.

Ebbene, alla stregua della puntuale disciplina della funzione di emissione, i biglietti appena prodotti dall'officina fabbricazione biglietti della Banca d'Italia costituiscono una semplice merce di proprietà della Banca centrale, che ne cura direttamente la stampa e ne assume le relative spese (art. 4, comma 5, del T.U n. 204/1910). Essi acquistano la loro funzione e il valore di moneta solo nel momento, logicamente e cronologicamente successivo, in cui la Banca d'Italia li immette nel mercato trasferendone la relativa proprietà ai percettori.

Tale immissione, che rappresenta uno dei principali strumenti a disposizione della Banca centrale per l'esercizio delle cennate funzioni di regolazione della liquidità del sistema e di tutela del valore del metro monetario, avviene tramite operazioni che l'Istituto di emissione, in piena autonomia conclude con il Tesoro, con il sistema bancario, con l'estero e con i mercati monetario e finanziario, operazioni tutte previste e compiutamente disciplinate dalla legge e dallo statuto della Banca d'Italia (artt. 25 - 42 del T.U. n. 204/1910 e artt. 41 - 53 dello Statuto)

Alla luce di quanto sinora precisato, è del tutto abnorme e campata in aria l'affermazione dell'attore secondo cui esisterebbe una consuetudine interpretativa contra legem, in base alla quale la Banca centrale all'atto dell'emissione "mutua allo Stato italiano ed alla Collettività Nazionale, tutto il danaro che pone in circolazione". Come visto, la moneta viene infatti immessa nel mercato in base ad operazioni legislativamente previste e disciplinate, a seguito del compimento delle quali la Banca d'Italia cede la proprietà dei biglietti, i quali, in tale momento, come circolante, vengono appostati al passivo nelle scritture contabili dell'Istituto di emissione, acquistando in contropartita, o ricevendo in pegno, altri beni o valori mobiliari (titoli, valute, ecc.) che vengono, invece, appostati nell'attivo.

Tali operazioni trovano evidenza, come prescrive la legge, nella situazione della Banca d'Italia mensilmente pubblicata sulla Gazzetta ufficiale.

Se si considera oltretutto che, come già osservato, le spese di fabbricazione dei biglietti e l'imposta di bollo sono a carico della Banca centrale e che gli utili annuali da essa conseguiti, effettuati i prelevamenti e le distribuzioni di cui all'art. 54 dello Statuto, ai sensi dell'art. 23 del T.U. n. 204/1910 vengono devoluti allo Stato, si evidenzia altresì l'assoluta inconsistenza ed insensatezza delle tesi attoree, secondo cui l'erogazione della moneta sarebbe effettuata dalla Banca d'Italia addebbitandone allo Stato ed alla collettività l'intero ammontare senza corrispettivo.

Ne consegue, pertanto, che non è dato riscontrare alcunché di arbitrario o di illegittimo nelle prerogative esercitate in campo monetario dalla Banca centrale, perché, contrariamente a quanto preteso dall'attore, l'intera materia e compiutamente disciplinata dal legislatore, in modo tale che nessun aspetto attinente all'attribuzione o all'esercizio della funzione di emissione può dirsi regolamentato da consuetudini interpretative e, men che mai, da consuetudini contra legem.”

La denuncia di Auriti viene respinta e il Tribunale condannò il professore al pagamento di 10 milioni delle vecchie lire.

In seguito a questa sentenza vi furono due progetti di legge, il n.1282 dell'11 gennaio 1995, presentato dal senatore Luigi Natali e il n.1889 dell'11 febbraio 1997 del senatore Antonino Monteleone,i quali riproposero le tesi di Auriti, anche se il Senato non le discusse mai.

In merito all’esito della sentenza che ha scagionato Bankitalia dalle accuse del prof. Auriti molti hanno sostenuto tesi avverse alla conclusione della disputa.

Rileggendo il testo di difesa degli avvocati della Banca di Via Nazionale, alcuni hanno pensato che se un'autorità afferma che "La moneta è accettata in quanto vale, perché sempre è stato così", nasce spontaneo domandarsi "Così come?", e l'autorità risponde: "Precisamente così: i biglietti (banconote) nascono come merce, prodotta dall'OFFICINA (della banca centrale, cioè la tipografia della Zecca), ma acquistano valore di moneta solo DOPO essere stati emessi"; per certi aspetti sembra una risposta illogica, poiché se il cittadino intende accettare dall'autorità una moneta perché ha valore, significa che ha valore PRIMA che egli l’accetti, altrimenti non sarebbe così stupido da accettarla.

Infatti, se è vero come afferma Bankitalia che la moneta ha valore solamente DOPO l'emissione, è vero anche che fino al momento in cui l’autorità la mette in circolazione, essa non vale alcunché. Perché dunque, attraverso l'emissione, essa viene addebitata, e con gli interessi? Che tipo di OFFICINA è quella che addebita il costo del denaro-merce non solo del tasso di interesse, ma anche del 200%, perché trasforma un credito, cioè il dovuto (+100%) in un debito (-100%) senza contropartita?

Il Procuratore dr. Ettore Torri ,della Procura della Repubblica del Tribunale di Roma, ha riconosciuto che era stata data la prova dell’elemento materiale dell’avvenuto reato, ma soggiunse, che mancava il dolo, perché nell’attuale sistema monetario era stato fatto sempre così. Una conclusione da Ponzio Pilato, che non solo non risolve nulla , ma conferma ed aggrava il problema per le seguenti ragioni :

a)la continuazione del reato, è già un’aggravante e a maggior ragione costituisce una responsabilità penale.

b)Prima della denuncia si poteva parlare di buona fede, dopo diviene malafede, perché esiste la consapevolezza e la certezza del reato che è stato fatto, e che continua ad essere commesso.

Tra le varie, possiamo citare anche un’altra sentenza, quella promossa da Adusbef[28] .

Il Giudice di Pace del Tribunale di Lecce, dr. Cosimo Rochira, nella causa civile iscritta al n. 3712/04, ed intentata da Giovanni De Gaetanis, associato Adusbef difeso dal vicepresidente Avv. Antonio Tanza, ha emesso una clamorosa sentenza depositata in cancelleria il 26 settembre 2005 al numero 2978/05, contro la Banca Centrale Europea e, per essa, la locale articolazione individuata nella Banca d’Italia.
Per effetto di tale sentenza, la Banca d’Italia, accusata di essersi appropriata indebitamente di una somma enorme, pari a 5 miliardi di euro sotto la voce “reddito da signoraggio”, avrebbe dovuto restituire alla collettività per un importo pari ad 87 euro per ogni cittadino residente in Italia alla data del 31 dicembre 2003, neonati compresi.

La banca d’Italia, dopo questa sentenza che la condannava, fece ricorso in Cassazione e vinse.

La Cassazione ammetteva il ricorso della Banca d’Italia, affermando che non compete ai giudici sindacare il modo in cui gli Stati svolgono le funzioni di politica monetaria, di adesione ai trattati internazionali e di partecipazione agli organismi sovranazionali.

La Corte di Cassazione annulla senza rinvio una sentenza che nel 2005 aveva condannato la Banca d'Italia per "esproprio illecito" di moneta: secondo il magistrato onorario che accolse l'esposto di un cittadino pugliese, la Banca centrale europea e "la sua articolazione italiana, ovvero la Banca d'Italia", si erano appropriate illegalmente della moneta italiana con l'emissione dell'Euro, e che quindi, a suo dire, "non esisteva il debito pubblico, trattandosi invece di credito pubblico" e "la massa monetaria messa in circolazione nell'ambito dei paesi aderenti al sistema dell'euro apparterrebbe alla collettività dei cittadini con la conseguenza che ciascuno potrebbe rivendicare il reddito, pro quota, derivante dalla stampa e dalla circolazione di questa massa monetaria, oggi invece percepito dalla Banca Centrale Europea e poi ridistribuito tra le diverse Banche centrali nazionali".
Su tale originale premessa il giudice di pace condannò Bankitalia al pagamento di 87 euro per "sottrazione del reddito da signoraggio monetario" nel periodo compreso tra il '96 e il 2003.

Contro la sentenza del giudice di Pace la Banca d'Italia ha presentato ricorso per cassazione chiedendone l'annullamento oltre che la condanna al risarcimento danni per "lite temeraria" per il cittadino pugliese.

Le sezioni unite civili della Suprema Corte, cassando punto per punto le motivazioni del giudice di pace, hanno accolto il ricorso di via Nazionale sottolineando, tra l'altro, che accettare un simile pronunciamento, comunque, metterebbe in discussione "le scelte con cui lo Stato, attraverso i suoi competenti organi istituzionali, ha configurato la propria politica monetaria, in coerenza con la decisione di aderire ad un sistema elaborato in ambito europeo e di fare parte delle istituzioni create all'interno di detto sistema".

Nella depositata oggi, i giudici di Piazza Cavour sanciscono quindi che tra le funzioni che rientrano nelle prerogative della sovranità degli Stati (come le politiche monetarie, nel caso specifico), non può interferire alcuna giurisdizione, sia civile che penale, tanto meno amministrativa o dei giudici onorari.
L'autore della citazione in giudizio per la Banca d'Italia è stato quindi condannato al pagamento di circa 1500 euro per le spese processuali.

La Suprema Corte non ha accolto la richiesta di risarcimento danni per "lite temeraria", constatando la buona fede del cittadino pugliese.

A seguito della sentenza Bankitalia ha esposto sul suo sito ufficiale[29] una comunicazione che riporta quanto segue:

“In riferimento alle iniziative, giudiziali e stragiudiziali, coltivate nei confronti della Banca d’Italia al fine di rivendicare la proprietà collettiva della moneta e il relativo reddito da signoraggio, l’Istituto informa che la Suprema Corte di Cassazione, con sentenza depositata il 21 luglio 2006, n. 16751, pronunciata a sezioni unite – la più alta espressione del supremo organo giurisdizionale, accogliendo il ricorso proposto dalla Banca d’Italia, ha integralmente cassato la sentenza del giudice di pace di Lecce n. 2978/05, che aveva disatteso l’orientamento giurisprudenziale, consolidatosi prima dell’adozione della moneta unica, contrario all’accoglimento di tali pretese.

Il Supremo Collegio ha, in primo luogo, escluso in radice che la Banca d’Italia, convenuta in giudizio quale “articolazione locale” della Banca Centrale Europea e, come tale, destinataria della relativa pronuncia di condanna del giudice di pace leccese, sia munita di legittimazione processuale sostitutiva della Banca Centrale Europea. Ciò in quanto tali istituzioni costituiscono soggetti giuridici diversi, ancorché istituzionalmente e funzionalmente collegati, ciascuno dei quali dotato di ben distinta personalità giuridica, sia sul piano del diritto sostanziale che di quello processuale e attesa, del resto, la mancanza di una norma che abiliti le banche centrali nazionali a stare in giudizio per conto della Banca Centrale Europea.

In secondo luogo, ad avviso della Suprema Corte, resta preclusa in senso assoluto la proposizione, nei confronti della Banca d’Italia in proprio, di azioni volte a rivendicare una quota proporzionale del signoraggio (reddito monetario; art. 32 dello Statuto del SEBC e della BCE), stante il carattere metagiuridico della pretesa azionata, volta a mettere in discussione, sulla base di argomenti di carattere storico ed economico, “le scelte con cui lo Stato,attraverso i suoi competenti organi istituzionali, ha configurato la propria politica monetaria, in coerenza con la decisione di aderire ad un sistema elaborato in ambito europeo e di fare parte delle istituzioni create all’interno di tale sistema”. Ed infatti l’attribuzione del reddito monetario alla Banca d’Italia costituisce l’effetto di una scelta di politica monetaria consacrata nella normativa comunitaria di rango primario (Trattato CE, artt. 105 e segg.; nonché Statuto del SEBC e della BCE), al cui rispetto lo Stato italiano si è vincolato. Sussiste pertanto un difetto assoluto di giurisdizione – sia del giudice ordinario sia del giudice amministrativo – in ordine alla pretesa azionata in quanto “a nessun giudice compete sindacare il modo in cui lo Stato esplica le proprie funzioni sovrane, tra le quali sono indiscutibilmente comprese quelle di politica monetaria, di adesione a trattati internazionali e di partecipazione ad organismi sopranazionali” e, del resto, in relazione a tali funzioni “non è dato configurare una situazione di interesse protetto a che gli atti in cui esse si manifestano assumano o non assumano un determinato contenuto”.

La pronuncia, confermando l’orientamento già manifestato con riguardo al previgente sistema di emissione della lira, ha, dunque, recisamente escluso che possa individuarsi alcun giudice titolare del potere di emanare una decisione di merito in ordine a tali azioni di rivendica, ivi compreso il giudice di pace, non potendo sostenersi che l’attribuzione a tale giudice del compito di decidere secondo equità le controversie di cui all’art. 113, II comma, c.p.c., consenta al medesimo di emettere pronunce che eccedono i limiti generali della giurisdizione.

Alla luce delle superiori considerazioni questo Istituto respingerà ogni ulteriore richiesta di pagamento di quote del reddito da signoraggio e farà valere la decisione delle Sezioni Unite in ogni procedimento giurisdizionale allo stato pendente o che in futuro dovesse essere instaurato nei suoi confronti. “ .

Secondo l’Adusbef, però, questa battaglia sul signoraggio è stata, nonostante la pronuncia della Cassazione, di estrema importanza in quanto ha contribuito a creare un dibattito nel paese e sugli organi di stampa, contribuendo a creare una maggiore coscienza del problema anche da parte di coloro che non sono addetti ai lavori.

Nonostante la sentenza della Cassazione, il problema non appare ancora risolto. La Suprema Corte infatti non entra nel merito, ma chiarisce solo la carenza di competenza del giudice: in altre parole, dice soltanto che non è compito dei giudici sindacare le funzioni statuali di politica monetaria e di adesione ai trattati.

Tra le denuncie espresse contro le banche per motivi di signoraggio si possono ricordare anche quella realizzata in Canada: John Ruiz Dempsey, criminologo ed esperto in vertenze forensi, ha intentato una causa collettiva (ovvero una class action che consente ad un'intera collettività di costituirsi parte ci­vile) per conto del popolo Canadese, nella quale si asserisce che alcuni istituti finanziari so­no dediti alla creazione illegale di denaro.

L'accusa, presentata venerdì 15 aprile 2005 alla Cor­te Suprema della British Columbia a New Westminster, asserisce che tutti gli istituti finanziari che erogano prestiti, sono coinvolti nel piano deliberato volto a defraudare i borrower (soggetti cui viene concesso un prestito) dando in prestito denaro inesistente, creato illegalmente dal "nulla" dagli istituti stessi.

Dempsey sostiene che le transazioni derivano dalla contraffazione e dal riciclaggio di denaro, in quanto tale denaro, se fosse stato davvero anticipato e depositato nei conti correnti dei clienti, non può essere rintracciato, né giustificato, né rendicontato.

Dempsey sostiene che la creazione di denaro dal nulla e ultra vires (aldilà del potere legale) dei convenuti in giudizio e di conseguenza nullo, e che tutti i prestiti concessi con la frode trasgrediscono il Codice Penale.

La causa, che é la prima di questo genere mai intentata in Canada e che potrebbe coinvolgere milioni di cittadini canadesi, sostiene che i contratti stipulati fra il popolo (i "borrower") e gli istituti finanziari erano nulli o invalidati e non hanno validità né effetto in virtù della loro rottura anticipata e per la mancata divulgazione di fatti concreti. Dempsey afferma che la transazione costituisce contraffazione e riciclaggio di denaro in quanto la fonte del denaro stesso, se è stato realmente connesso in prestito dai convenuti in giudizio e depositato sui conti dei borrower. non poteva essere rintracciata né se ne poteva rendere conto.

La causa cita come cospiratori civili Envision Credit Union, Laurentian Bank of Canada, Roval Bank of Canada, Canadian Imperial Bank of Commerce, Bank of Montreal, TD Cana­da Trust e Canadian Paymont Association.

La parte civile sta cercando di recuperare il denaro e le proprietà, persi a causa di pignoramento per accumulo di "debito" illegale e soddisfazione della garanzia.

Una specie di denuncia, questa volta non svolta in ambito legale, bensì parlamentare, è stata avanzata nel Parlamento italiano da un deputato, Teodoro Buontempo[30], il quale ha promosso alla XIV e nuovamente alla XV Legislatura una proposta di legge sulla Proprietà popolare della moneta e conto di cittadinanza. La proposta (atto camera n. 788[31]) è composta essenzialmente di cinque articoli, dei quali riporto i primi due che spiegano essenzialmente i punti cardine della proposta del deputato:

Proposta di legge del deputato Buontempo:

Art. 1.
(Princìpi).

1. La moneta appartiene al popolo che la usa per perseguire gli scopi garantiti della Costituzione.

Art. 2.
(Conto personale di cittadinanza).

1. Tutti i valori emessi dalla Banca d'Italia appartengono al popolo italiano.

2. Presso la Banca d'Italia è attivato un conto personale per ogni cittadino italiano, denominato «conto di cittadinanza».

3. L'accensione del conto di cittadinanza avviene automaticamente entro due anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, per tutti i cittadini italiani, e successivamente a tale data entro tre mesi dalla nascita del cittadino o dal giorno in cui la persona diventa cittadino italiano.

4. Sul conto di cittadinanza non sono permesse operazioni se non quelle previste dalla presente legge.

5. Per il proprio conto di cittadinanza il singolo cittadino maggiorenne, o il tutore legale del cittadino maggiorenne incapace, può indicare un singolo conto corrente di riferimento presso un'istituzione bancaria.

I restanti articoli trattano circa le operazione da effettuare sul conto di cittadinanza e le disposizioni di attuazione.

Come ho avuto modo di chiarire con uno degli estensori della proposta di legge del deputato Buontempo, Marco Lombardi, gli ostacoli al passaggio di tale proposta non sono pochi. La risposta alla mia domanda che interrogava sulle cause dell’indifferenza mostrata in Parlamento su tale iniziativa è stata la seguente che cito con testuali parole:

la maggior parte delle persone e dei deputati non hanno ancora compreso il problema; coloro che hanno gli strumenti culturali per comprendere il problema o protestano o hanno interesse a mantenere lo stato attuale delle cose. Tra i membri del parlamento prevale il secondo gruppo di persone”.

Ancora in ambito italiano, possiamo citare un’interrogazione parlamentare, questa volta nei confronti della Banca Centrale Europea.

Infatti il 17 ottobre 2005, l’on. Antonio Serena, ha presentato un’interrogazione parlamentare al ministro dell’ Economia Giulio Tremonti chiedendo di chi sia realmente la proprietà dell’ euro al momento dell’ emissione.

Il quesito si basa sul presupposto dell’interrogante secondo il quale “il valore della moneta è causato non dall’ organo di emissione, ma dall’ accettazione da parte della collettività”.

Ed aggiunge: “Il trattato di Maastricht si limita a considerare solo la prima fase, quella dell’ emissione, e non è presente alcun riferimento al diritto di proprietà sull’euro e come questo debba essere attribuito. Se è dimostrato dunque che crea il valore della moneta non chi la emette ma chi l’ accetta, prestare denaro all’ atto dell’emissione significa imporre un costo del denaro del 200 per cento, con conseguente indebitamento degli europei verso la BCE pari a tutto l’ euro in circolazione”.

L’on. Serena non ha ricevuto alcune risposta a seguito di questa interessante interrogazione rivolta all’allora ministro Tremonti.

10.OMICIDI PREMEDITATI O COINCIDENZE

Vi sono alcuni studiosi che affermano che certi “illustri” omicidi possono essere collegati a personaggi noti o meno che si sono schierati contro il potere del sistema bancario.

Tra queste tesi vorrei annoverare quali personaggi assassinati due illustri presidenti, entrambi americani, quali Abramo Lincoln e J.F. Kennedy.

Quando Abramo Lincoln ebbe bisogno di 449 milioni di dollari di allora per ulteriori finanziamenti per la guerra di secessione, le banche si offrirono di creare quella moneta con il solito metodo: ma chiesero il 30% d'interesse. Lincoln per evitare la bancarotta ricorse al Congresso, che approvò la proposta di emissione di banconote di Stato (greenback), prestito che il popolo può fare a se stesso, senza pagare gli interessi.

In piena guerra, si videro l'agricoltura e l'industria nordiste tornare a fiorire. Il lavoro umano, comandato da denaro abbondante, riempì quei biglietti di ricchezza reale. Nel 1864 Lincoln si ricandidò alla presidenza, dichiarando pubblicamente la sua intenzione di continuare ad emettere moneta di Stato, invece che acquistarla dai banchieri di Londra.

Il 14 aprile dello stesso anno, Lincoln ebbe una letale intossicazione da piombo.

Secondo alcune versioni che portarono alle cause dell’omicidio di J.F. Kennedy ci sono anche quelle che ammettono che il presidente americano, come Lincoln, potrebbe essere stato ucciso perché schieratosi contro il sistema bancario.

Fu nel 1963 che John F. Kennedy, allora Presidente degli Stati Uniti, prese la decisione di creare moneta propria per governare il paese, perché sapeva che le banconote della Riserva Federale, che venivano usate come moneta a corso legale, erano in contrasto con la Costituzione degli Stati Uniti.

Così il 4 giugno 1963, venne fatto un piccolo tentativo per togliere alla Federal Reserve Bank il suo potere di affittare la moneta al governo facendosi pagare un interesse. In quel giorno, il presidente John Fitzgerald Kennedy firmò l'ordine esecutivo numero 11110 che ripristinava al governo USA il potere di emettere moneta senza passare attraverso la Federal Reserve. L'ordine di Kennedy dava al Ministero del Tesoro il potere "di emettere certificati sull'argento contro qualsiasi riserva d'argento, argento o dollari d'argento normali che erano nel Tesoro".
Questo voleva dire che per ogni oncia di argento nella cassaforte del Tesoro, il governo poteva mettere in circolazione nuova moneta. In tutto, Kennedy mise in circolazione banconote per 4,3 miliardi di dollari. Le conseguenze di questa legge furono enormi. Con un colpo di penna, Kennedy stava per mettere fuori gioco la Federal Reserve Bank di New York. Se fosse entrata in circolazione una quantità sufficiente di questi certificati basati sull'argento, questa avrebbe eliminato la domanda di banconote della Federal Reserve.

Questo sarebbe accaduto perché i certificati argentiferi sono garantiti da argento mentre le banconote della Federal Reserve non sono garantite da niente. L'ordine esecutivo 11110 avrebbe impedito al debito pubblico di raggiungere il livello attuale, poiché avrebbe dato al Governo la possibilità di ripagare il suo debito senza utilizzare la Federal Reserve e senza essere gravato dall'interesse richiesto per la creazione di nuova moneta. L'ordine esecutivo 11110 dava agli USA la possibilità di crearsi la propria moneta garantita da argento.

Secondo delle registrazioni scoperte di recente si evincono dai discorsi che Kennedy ha tenuto alla Casa Bianca certe preoccupazioni non sottolineate dai media di allora e di oggi.. Mentre ufficialmente dicevano che il problema per Kennedy fosse quello di togliere le truppe dal Vietnam, in realtà in quei giorni (si evince dalle registrazioni) quello che preoccupava veramente Kennedy era il fatto che la Francia restituiva i dollari chiedendo in cambio oro, secondo gli accordi che c’erano. Quindi Kennedy era molto attento alla situazione economico-finanziaria e ai rapporti con le banche centrali.

Il 22 novembre, e cioè dopo pochi mesi dalla firma dell’ordine esecutivo 11110, Kennedy fu eliminato a Dallas, città simbolo del «denaro» e «undicesima» sede delle dodici Banche Centrali statunitensi!

La prima cosa che fece il suo successore, Lyndon Johnson, fu guarda caso ritirare immediatamente dalla circola­zione quei dollari del «popolo» sostituendoli con quelli «privati» della Fe­deral Reserve!

Come ci dice Marco Saba nel suo Bankenstein[32] tutti i presidenti americani che hanno cercato di far ritornare la sovranità monetaria nelle mani del popolo americano sono morti di morte violenta (Harrison avvelenato, Taylor avvelenato, Lincoln sparato, Garfield avvelenato, McKinley sparato, Roosevelt avvelenato, Kennedy sparato).

A questa lista vorrei ricordare anche una presunta vittima italiana che ha denunciato due istituzioni dell’attuale sistema bancario, ovvero l’ex questore di Genova, Arrigo Molinari.

Il quotidiano nazionale La Repubblica, in data 27/09/2005, riportava questo articolo:

“ Ucciso a coltellate nella sua casa l'ex questore di Genova Molinari.

E' stato trovato ucciso a coltellate l'ex questore di Genova Arrigo Molinari, 73 anni. Il corpo senza vita è stato trovato stamattina nella camera da letto della sua abitazione di Andora. Sul posto, oltre ai carabinieri della compagnia di Alassio, sono arrivati il procuratore capo Vincenzo Scolastico ed il suo vice Maria Chiara Paolucci.

La settimana scorsa, proprio da una sua denuncia, erano stati rinviati a giudizio 6 tra ex direttori e direttori di istituti bancari della Riviera di Ponente con l'accusa di usura. “

La Repubblica non riporta nell’articolo questa notizia invece pubblicata da Adusbef riguardante Molinari:

La Banca d’Italia è stata citata a giudizio per danni, presso il tribunale di Imperia, con provvedimento d’urgenza ex art. 700 «per non aver svolto un’ adeguata forma di vigilanza sulla Banca di Roma - sostiene nel ricorso l’ex questore e oggi avvocato Arrigo Molinari -, in quanto sua socia, in un precedente procedimento giudiziario».

L’udienza di discussione del ricorso, presentato da Molinari, è stata fissata per il prossimo 5 ottobre. La vicenda ha avuto inizio da una causa per anatocismo, la richiesta di interessi sugli interessi, che l’avvocato Molinari aveva presentato nel 2000 contro l’istituto di credito romano, a difesa della defunta moglie Maria Teresa Pallavicino e del padre di lei.

Molinari aveva chiesto un risarcimento, quantificato a circa 15 miliardi di euro, contro la capitalizzazione trimestrale degli interessi dal 1934 a fine anni Novanta. “

Pochi giorni prima della sua morte il quotidiano «il Giornale» aveva intervistato Arrigo Molinari, in occasione dell'udienza presso il tribunale civile su due ricorsi da lui presentati contro Banca d'Italia e Banca centrale europea.

Alcuni passi dell’intervista riportavano:

D: Lei sostiene che Bankitalia si prende diritti che non può avere.

R: «Appunto. Prima Bankitalia, nella sua qualità di società commerciale, fino all'introduzione dell'euro in via esclusiva e successivamente a tale evento, quale promanazione nazionale della Banca centrale europea, si arroga arbitrariamente e illegalmente il diritto di percepire il reddito monetario derivante dalla differenza tra il valore nominale della moneta in circolazione, detratti i costi di produzione, in luogo dello Stato e dei cittadini italiani».

D: Un assurdo tutto italiano, secondo lei?

R: «Certamente. Sembra un assurdo, ma purtroppo è una realtà. L'euro, però, è dei cittadini italiani ed europei, e non, come sta avvenendo in Italia, della banca centrale e dei suoi soci banchieri privati».

D: Quasi tutto chiaro. Ma che si fa adesso?

R: «Farà tutto il tribunale. Dovrà chiarire se esiste una norma nazionale e/o comunitaria che consente alla Banca centrale europea, di cui le singole banche nazionali dei Paesi membri sono divenute articolazioni, di emettere denaro prestandolo e/o addebitandolo alla collettività. L'emissione va distinta dal prestito di denaro: la prima ha finalità di conio, il secondo presuppone la qualità di proprietario del bene, oggetto del prestito».

D: Lei, professore, ha fiducia?

R: «Certo. La magistratura dovrà dire basta!».

Una settimana dopo questa intervista e a pochi giorni dall’udienza di discussione dei due ricorsi Arrigo Molinari venne accoltellato.


[1] Lucio Settimio Severo fu imperatore romano dal 193 al 211. Finanziò l'ingente spesa che serviva a mantenere l'esercito con l'espediente di dimezzare la quantità di metallo prezioso contenuto nelle monete e differenziando per la prima volta il valore intrinseco da quello nominale.

[2] MARX K., Il Capitale, Libro I, capitolo 24, paragrafo 6, Editori Riuniti, Roma 1974.

[3] ALLAIS M., La crise mondiale aujourd'hui , Parigi, (1991)

[4] di PASCUCCI S. ; tratto da http://www.signoraggio.com/index_ilproblema.html

[5] TARQUINI B., La banca, la moneta e l'usura , Ed. Controcorrente, Napoli (2001)

[6] La stampa e quindi l'emissione di moneta costa pochissimo, anche perché dal 15 agosto 1971, il presidente degli USA Nixon eliminò la convertibilità delle monete in oro, affossando per sempre gli accordi di Bretton Woods del 1944. Quindi l'emissione di moneta da oltre trent'anni non ha più bisogno di un controvalore in metallo prezioso (oro, argento o rame).

[7] diversamente dalle banconote attuali, essa portano l'intestazione della "Repubblica Italiana", è denominata "Biglietto di Stato a corso legale", non risulta "pagabile a vista", è firmata da funzionari statali (il Direttore Generale del tesoro ed il Cassiere speciale) e reca il visto della Corte dei Conti.

[8] Professore universitario in discipline giuridiche. E’ stato tra i docenti fondatori della facoltà di giurisprudenza dell'Università di Teramo, della quale è stato anche preside. Ha insegnato "Diritto della navigazione", "Diritto internazionale", "Diritto privato comparato" e "Teoria generale del diritto".

[9] SAMUELSON P.A. e NORDHAUS W.D., Economia, Ed. Zanichelli, Bologna, 1993

[10] DELLA LUNA M. e MICLAVEZ A. , EuroSchiavi , Arianna Editrice, Bologna (2006)

[11] RANDAZZO A., Dittature. La Storia Occulta, Edizione Il Nuovo Mondo (2007)

[12] Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio meglio conosciuta come OPEC (Organization of the Petroleum Exporting Countrie )

[13] Fort Knox è una riserva militare nello Stato del Kentucky (USA). È considerato un centro importante perché vi si trova il deposito delle riserve auree degli Stati Uniti.

[14] ICKE D., Il segreto più nascosto, Macroedizioni, Folrlì-Cesena (2001)

[15] PAPADIA F. e SANTINI C., La Banca centrale europea , Il Mulino, Bologna (2001)

[16] consultabile a questo link

[17] Fonte: Ministero dell’Economia e delle Finanze - Notifica del deficit e del Debito Pubblico inviata alla Commissione Europea ex Reg. CE 3605/93, così come modificato dal Reg. 2103/05.

[18] Dal 1° gennaio 1999, il TUR (tasso ufficiale di riferimento) ha sostituito il Tasso Ufficiale di Sconto (TUS). Dal 14/03/2007 il TUR si attesta al 3,75%.

[19]Marco Saba è scrittore di libri di economia e finanza; responsabile Affari Monetari per European Consumers; membro di Alliance21; membro di WSSE-Workgroup on Solidarity Socio-Economy.

[20] Cioè una moneta priva della funzione di misura del valore. Una Moneta è per definizione una misura del valore, il Certificato monetario è per definizione un mezzo di scambio. Una misura non può essere comparata con ciò che non è misura. E se non vi è possibilità di comparazione, esse non possono essere convertibili tra loro.

[21] Silvio Gesell[21] (1862-1930). Nella sua opera principale pubblicata nel 1916 a Berlino e Berna, L’ordine economico naturale attraverso un paese libero e un denaro libero, Gesell spiegò esaurientemente come in una circolazione del denaro libera da disturbi l’offerta e la domanda di capitale si equilibrino.

[22] BLONDET M, Schiavi delle banche, Effedieffe edizione, Milano (2004)

[23] N. GALLONI è un economista. Nel 1989 diventa direttore generale, prima al ministero del Bilancio (oggigiorno Ministero dell'Economia), poi a quello del Lavoro dove dirige l'Osservatorio sul mercato del Lavoro fino al 1993 e la Cooperazione fino al 1996. Dal 2002 è sindaco effettivo e revisore dei conti dell'Inpdap. E’ docente presso la Cattolica di Milano, la Luiss di Roma e le Università di Napoli e Modena.

[24] Grafico prelevato dal database di Complementary Currency, consultabile al link: http://www.complementarycurrency.org/ccDatabase/les_public.html .

[25] I Lets (Local Exchange Trading System) sono zone in cui si recuperano antiche forme di scambio di merci o servizi senza la mediazione del denaro. Assai diffusi in Gran Bretagna e Australia, i Lets hanno esperienze paragonabili anche in USA, Canada, Francia, Germania e molti altri paesi.

[26] Dettagli al link: www.ces.org.za

[27] L'organizzazione commerciale sociale, STRO, sviluppa le innovazioni per rinforzare il micro accreditamento e le economie locali. Ulteriori informazioni consultabili al sito dell’organizzazione, preso il link http://www.strohalm.net/en/site.php

[28] Adusbef : (Associazione Difesa Utenti Servizi Bancari Finanziari Assicurativi Postali), particolarmente specializzata nel settore bancario, finanziario, assicurativo, combatte aspre battaglie in difesa dei diritti dei cittadini in ogni settore consumerista.

[29] Il comunicato è visualizzabile sul sito ufficiale della banca d’Italia a questo link
[30] il profilo del deputato Buontempo, nonché altre informazioni che lo riguardano sono consultabili presso il suo sito internet, al link: http://www.teodorobuontempo.it/info.html

[31] L’intero documento sulla proposta di legge è consultabile sul sito della Camera a questo link

[32] SABA M.; Bankenstein, Nexus edizioni, Padova, (2006)